Quando ho letto un bando per un’antologia di racconti sul tema della birra, l’idea mi è sembrata simpatica. La scadenza era prossima, ma lo stesso ho scritto velocemente questo racconto e mi piace l’idea che sia stato selezionato.
“Scott sono a casa! Sei pronto?”
“Un minuto e arrivo, prendi tu le birre?”
“Prese. Ti aspetto in macchina”.
Era uno dei suoi momenti preferiti. Il venerdì sera, quando tornava a casa dal lavoro, lui e Scott se ne andavano a bordo di una Chrysler Sebring decapottabile per le strade vuote che salivano verso la montagna. Lui amava guidare, le macchine erano le sue amanti, gli avevano dato i brividi della vita che ti brucia dentro e ha bisogno di esplodere. Nessuno più di lui comprendeva i motori, il loro linguaggio.
All’epoca lui e Scott avevano entrambi i capelli lunghi. A entrambi piaceva la velocità e il vento. Quei venerdì sera guidava come piaceva a lui, assecondando le curve, alternando le marce, aumentando la velocità sui rettilinei fino a sentirsi la fronte e le guance fredde e umide.
Quando decidevano di fermarsi di solito era già buio. Le stelle si vedevano nitide su a Taylors Ville. Là c’era aria e silenzio. Se chiude gli occhi gli sembra ancora di respirare l’aria pulita che profumava di abete.
Partiva il tappo della prima birra, mandavano giù i sedili e puntavano il naso per aria. A volte se ne stavano lì a sorseggiare la birra che aveva il sapore del riposo del fine settimana che stava per cominciare, altre volte parlavano fitto bevendo a gran sorsi agitati. Quello era il loro momento. Avrebbero potuto essere due buoni amici, se non fossero stati padre e figlio.
Era stato in uno di questi momenti che Scott, che allora aveva ventun anni, gli aveva confessato che Abby era incinta. Era innamorato di un’altra – gli disse – era stato un maledetto incidente, ma sentiva di essere diventato padre, la sensazione sembrava piacergli, era confuso.
Così lui per la prima volta gli aveva raccontato come aveva sposato sua madre. Quando l’aveva incontrata suo fratello Jimmy aveva tre anni e a lui piaceva quella donna che si prendeva cura di suo figlio da sola. Poi una sera al suo arrivo Jimmy si era messo a correre e lui istintivamente aveva aperto le braccia, gli si era buttato addosso con un tale slancio che lui l’aveva stretto a sé e aveva sentito che Jimmy l’aveva scelto. In quello slancio c’era tutta la fiducia nella sua presenza. Si diventa padri in molti modi, e quello fu il suo. Non era innamorato, per lo meno non come comunemente si intende l’amore, ma con quell’abbraccio Jimmy gli aveva fatto una richiesta che non avrebbe potuto ignorare. Così aveva sposato quella donna, e se la lealtà era stato un buon sentimento essere un buon padre era stato quanto aveva cercato di fare.
Quella sera – dopo che ebbe finito il suo racconto – la birra aveva avuto il sapore del sollievo, perché la verità confessata da suo padre aiutò Scott e dissipare tutti i dubbi su quanto doveva fare. Aveva stappato la verità anche per lui. Così Scott sposò Abby nel giro di qualche settimana e iniziò la sua nuova vita.
Ma padre e figlio non rinunciarono alla loro abitudine al venerdì sera. Ci furono altre birre e altre serate, con sapori diversi.
Come quella volta, qualche anno dopo, una sera in cui a guidare era stato Scott. Aveva guidato in preda a un demone, quasi non vedesse l’ora di fermarsi. Poi aveva preso a scolare nervosamente la sua birra, come potesse lavare un’intima oppressione. Gi aveva confessato di avere un’amante, una donna più grande di lui, una che con il sesso ci sapeva fare, che gli faceva dimenticare di avere una moglie fragile e un figlio a cui pensare. Aveva ventiquattro anni.
Lui beveva la sua birra lentamente osservando il figlio e ascoltando le parole che venivano fuori come un fiume, aveva riflettuto a lungo prima di dire le sue. Era un uomo tutto d’un pezzo, sapeva che Scott temeva il suo giudizio.
Lui che, pur non avendo mai amato sua madre, non l’aveva mai tradita. Mai, nemmeno quando ne aveva avuto l’opportunità. Così gli disse che era il caso di smettere di vedere quella donna se il turbamento che provocava superava il piacere che sapeva dargli. Scott dopo si fece un’altra birra, bevendo più lentamente. Né lui né Scott erano tornati sull’argomento, ma comprese dai fatti che suo figlio l’aveva ascoltato.
Adesso lui sta sorseggiando una birra italiana, a distanza di tanto tempo, mentre guarda la collina e le stelle e dice che qui tutto ha dimensioni diverse, ridotte. Il cielo d’America è immenso, se solo lo guardi da certi posti, può farti perdere. Parla spesso di Scott, sa che è arrabbiato con lui perché se n’è andato lontano, ma stavolta era lui ad essersi innamorato, e per questo non aveva esitato a lasciare l’America.
Forse suo figlio pensava avrebbe dovuto fare il nonno, alla sua età. Invece lui aveva deciso che era arrivato il momento di dare quel morso alla vita che non aveva mai dato, la velocità sulla strada non gli bastava più.
Adesso ogni sera si fa una birra e ogni sorso ha il sapore della nostalgia dei suoi figli, delle corse con Scott a Taylors Ville. Ma è felice e sa di meritarsela questa felicità. Anche la nostalgia è un buon sentimento.
Ha più di quanto avrebbe potuto chiedere alla vita. Gli occhi brillano ancora di luce giovane, la stessa delle corse in macchina con suo figlio su una decapottabile con i capelli al vento e le birre sui sedili al venerdì sera.
Father and son.
I know, I know. But I have to go.