Un padre come Cat Stevens?

(Scritto qualche anno fa, ma non importa)

A chi non sarebbe piaciuto un padre come Cat Stevens? Bello, famoso, ricco, con esperienza del mondo e musicista. Un padre dolce rock, Father&Son: sarebbe stato perfetto.

Ma a me è toccato il mio.

E’ la festa del papà, se te ne dimentichi ci pensa fb a ricordartelo. E così ho voglia di scrivere qualcosa anch’io, ma scrivere di mio padre equivarrebbe a melassa retorica, aveva un certo numero di qualità oggi in via d’estinzione.

Così mi viene in mente un passaggio di un libro letto di recente di Paul Auster, Follie di Brooklyn, nel quale il protagonista a un certo punto dice: “.. alla fine tutti saremmo morti… ma nessun libro sarebbe stato scritto su di noi. Questo è un onore riservato agli individui celebri e potenti, a chi è dotato di qualità eccezionali, ma chi si degnerebbe di pubblicare le biografie della gente comune, senza fama, di tutti i giorni, che incontriamo per strada e non ci diamo neanche la pena di notare? La maggior parte delle vite svanisce. Una persona muore e a poco a poco tutte le tracce di quella vita spariscono…. (…) la mia idea era questa: costruire un’impresa che avrebbe pubblicato libri sulle persone dimenticate, mettendo in salvo storie, fatti e documenti prima della loro scomparsa e ordinarli nel racconto di una vita”.

È quello che ho pensato tante volte pensando a mio padre: via papà, diciamolo, avevi un pessimo carattere, eri un presuntuoso, volevi sempre aver ragione su tutto. Eri permaloso, troppo serio e non ridevi mai. Eri cattolico fino al midollo e c’hai perseguitato un po’ perché volevi diventassimo praticanti come te… non è che uno se ne va e si rimuovono le negatività stampandosi nella memoria dell’assenza solo il buono. Eri un tiranno.

Eppure.

Mio padre odiava i fiori finti…. Che mia madre ovviamente adorava, li disseminava per la casa. E mio padre pretendeva che credessimo a una sua presunta allergia per i fiori finti. e si sentiva pure male. Una volta ci piantò in asso all’inizio del cenone di natale a causa di due stelle di natale finte come centrotavola! Uscì, incazzato, e andò a camminare (ohibò… da chi avrò preso?)

Però amava quelli veri di fiori, coltivava rose vere, regalava rose vere, rosse soprattutto. A me le regalò il giorno della maturità, aspettandomi fuori dalla scuola come un innamorato con le rose in mano.

E poi sì… lo dico: detesto che tu sia stato onesto tanto da non lasciare niente, perfino quello che avresti potuto prenderti con facilità estrema. Detesto che tu sia stato forte e fragile, che t’abbia visto piangere per i dubbi di aver sbagliato qualcosa con noi.

Detesto che tu abbia generato mostri tutti d’un pezzo, ben cinque. Che tu m’abbia insegnato a giocare a carte e a bere grappa. Ad amare i libri perché mi portavi libri da un viaggio, mica giocattoli come i padri normali. Che tu volessi che studiassimo più di ogni altra cosa perché a te con quella gran testa che ti ritrovavi non era stato concesso…. Che noi avessimo un padre vero, non come te che a 12 anni ne avevi avuto uno che t’aveva mollato senza madre con 6 fratelli da crescere…. Sì… prima o poi questa storia la devo scrivere, sarà una storia di altri tempi, di altri padri, di altre vite “che non ci siamo la pena neanche di notare”. di un eroe vero.

Chissà se da dove ti trovi puoi conoscere il mio nuovo segreto… perché se solo questo potesse davvero essere, so che rideresti a crepapelle come non hai mai fatto, perché la vita fa giri strani e tu una figlia strana la dovevi pure avere. È toccato a me. Quindi, sei pregato, se questa risata te la vuoi fare, di darmi una mano… ovunque tu sia adesso.

Che faccio? Prego? Mio padre? Per giunta nel giorno della festa del papà?

Eh. Sì. Prego. Mio padre. Nel giorno della festa del papà.

Anzi, ora che ci penso… mettendo tutto insieme: che abbia avuto un padre dolce rock come Cat Stevens e me ne accorgo solo adesso?

No, non aveva niente di Cat Stevens ed era stonato come una campana, però è stata una delle pochissime persone che mi ha fatto sentire al sicuro, anzi, forse l’unica.

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