Dove vanno le nuvole?

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Un paio di volte all’anno con un gruppo di amici con i quali trascorrevo l’estate da ragazza ci incontriamo, pur vivendo sparsi per l’Europa. Ieri – giornata del meeting, come lo chiamiamo – grazie a uno di noi siamo andati a Riace.
E’ una bella giornata di sole, a Riace si arriva salendo per una strada stretta che si inerpica sulla collina, in questa stagione i prati sono verdi e pieni di fiori. Noi in macchina parliamo e ridiamo, come accade sempre quando ci ritroviamo.
A Riace ci aspetta Mimmo Lucano, il sindaco, un uomo che ormai da più di quindici anni si è dedicato anima corpo sangue e sudore al suo progetto di far rivivere il suo paese natale ormai per lo più abbandonato. Con questo progetto, riuscito, è diventato suo malgrado famoso, suo malgrado nel senso che se lo senti parlare ti accorgi che la notorietà e l’interesse di personaggi famosi come, per citarne uno, Wim Wenders, non l’hanno minimamente scalfito. Parla come un fiume in piena.
Tuttavia non è lo stesso Mimmo Lucano che andai a sentire due anni fa all’Abbazia di Corazzo, in occasione della manifestazione “Una montagna di pace”. Ci porta al piccolo bar e ci offre il caffè. Fuori sul porticato ci sono seduti anziani che parlottano al sole.
La prima cosa che dice è che è stanco, che la sua famiglia si è disgregata, se ne sono andati tutti. Non sa che fare, sua figlia non sta bene, avrebbe bisogno di lui. La tentazione di mollare tutto è forte.
Poi però ci dice “andiamo a vedere” e non appena si muove realizzi che quell’uomo “é” il suo sogno e per quanto provato cammina con passo spedito verso il suo villaggio, ansioso di mostrarci cosa accade a Riace.
Entriamo così nel villaggio globale, dove parte delle vecchie case di emigranti che non sono più tornati e ridotte a catapecchie sono state restaurate e dove sono stati creati laboratori e botteghe.
20180330_120224Entriamo nella prima: il laboratorio di tessitura con i vecchi telai, ci sono due donne giovani e un bimbo bellissimo in una carrozzina. Una parla solo francese, l’altra nel suo italiano stentato ci dice che è scappata dal Camerun, marito morto, un figlio del quale non ha più notizie perché preso dalla famiglia di lui. Mimmo ci dice che Becky Moses, la ragazza di 26 anni morta tra le fiamme nell’incendio di Rosarno stava qui, lavorava qui. A dicembre aveva ricevuto un diniego alla richiesta d’asilo e aveva dovuto lasciare Riace, nonostante lui si fosse battuto e opposto. Era finita nel ghetto di Rosarno e lì è morta.
Cos’ha fatto Mimmo Lucano a Riace? Si è inventato una moneta di carta, i migranti che arrivano possono spenderla nei negozi, i quali poi verranno saldati con i soldi dei finanziamenti.
Cos’ha di particolare il sistema Riace? In primo luogo ha ridato vita a un paese ormai morto: i bambini sono tornati a scuola, un medico in pensione fa volontariato e hanno aperto un ambulatorio medico, sono stati creati laboratori per aprire le botteghe e creare economia. In poche parole non assistenza, ma accoglienza. Il primo passo verso un’integrazione reale. A Riace i migranti lavorano insieme ai volontari e alle persone del posto, non sono relegati in strutture ghetto, fuori dai centri abitati perché nessuno li veda e nessuno possa sapere come vivono con quei famosi 35 euro che lo stato paga provvisoriamente per loro. Qui insomma con il loro carico di storie pesanti hanno ripreso a vivere, ad abitare case, a mandare i figli a scuola. ad avere una possibilità.
Mentre visitiamo le botteghe Mimmo parla, parla. Non si dà pace, ci mostra quello che fanno e ci chiede: perché a me hanno mandato un’ispezione? Perché devo subire un procedimento penale sostanzialmente sulla base di un sospetto, ovvero come fa Mimmo Lucano a mandare avanti progetti su progetti e fare quello che sta facendo con quei famosi 35 euro? Perché è da qui che parte tutto. Come fanno a bastargli? Lo hanno accusato di parentopoli: sua moglie è andata a vivere altrove e ora fa le pulizie in una scuola, i due figli se ne sono andati. La sua vita personale è il prezzo che ha pagato.
Entriamo verso l’ora di pranzo nella casa di Donna Rosa e diciamo che però il pranzo lo vogliamo pagare. Già prima in una bottega abbiamo preso delle cose che non ha voluto che pagassimo: “soldi, soldi, siete abituati a comprare tutto”, ci ammonisce. Ovviamente non paghiamo.
Dopo ci porta vedere il progetto per la raccolta rifiuti porta a porta, un terrazzamento dove sono state costruite casette nelle quali stanno gli asini che portano in giro per la raccolta, stanno terminando una parte che servirà per il riciclo. Da qui ci mostra la casa dove è stato Wim Wenders. In fondo si vede il mare, tra le gole delle montagne.
Andiamo poi alla sede dell’associazione, guardiamo il film, Il volo, io non l’avevo mai visto, lui si va a sedere in un angolo e da una scatola prende delle banconote e le divide, fa dei mucchietti per noi.
Poi ci sediamo intorno al tavolo, le tessere del mosaico del suo sfogo cominciano a comporre l’immagine chiara: ci legge la relazione degli ispettori che gli hanno mandato a trovare l’inghippo per metterlo in un angolo, ma la relazione ha parole di elogio di ciò che a Riace è stato realizzato. Ma la cosa strana è che questa relazione, che gli era dovuta, a lui non l’hanno mandata, ha dovuto richiederla alla procura per averla. Non solo, i finanziamenti sono bloccati, a tutti hanno liquidato il 2016 e stanno liquidando il 2017, a tutti tranne che a Riace. Finanziamenti bloccati senza uno straccio di motivazione, senza una carta che dica perché. Loro continuano a telefonare e nessuno risponde.
Tutti siamo basiti, ma tutti ci diamo la stessa spiegazione: prima la domanda, a chi dà fastidio Riace, poi la risposta. Qui è stato dimostrato che con i pochi finanziamenti (perchè stiamo parlando di decine di migliaia di euro, non centinaia) si possono fare un sacco di cose partendo dall’idea che i migranti non sono affari o merce di scambio, ma esseri umani (cosa che lui ripete ossessivamente, non si dà pace) non è che ne spendi 15 per mantenerli fino a che qualcuno non gli dà un calcio in culo e ti trattieni il resto con sistemi facili da intuire (fatturazioni false, false consulenze e così via)
E’ provato: si vede e si sente.
Da ultimo andiamo a visitare il frantoio: dovrebbe partire a settembre, un macchinario imponente. L’idea è di ridare vita agli uliveti abbandonati e cominciare a produrre anche l’olio.
Si sono fatte le sei e mezza, ci avviamo. Mentre usciamo dal villaggio globale c’è la chiesa, gli altoparlanti diffondono la funzione del venerdì santo. Neanche la chiesa, diciamo la verità, vuole bene a quest’uomo che il mondo ci invidia, il perché è fin troppo facile da intuire. Mentre penso che in fondo è un Cristo di oggi, lui sta raddrizzando un dipinto sul muro di una bottega “Gli aquiloni di Islamabad”, lo guarda e mi dice: bello vero? Annuisco, sì, è bello.
Lo salutiamo abbracciandolo, lo ringraziamo per la giornata e più o meno tutti gli diciamo che quello che ha fatto a Riace non può morire, che uno che è ha riscosso la sua fama troverà voce e voci a sostenerlo.
Mentre raggiungiamo la macchina notiamo un gruppo di adolescenti che ridono e scherzano, non hanno la pelle di un solo colore.

Intanto la Rai ha prodotto una fiction con Beppe Fiorello che da quando questa storia è iniziata è rimasta bloccata, non è andata in onda, chissà perché. In compenso tra qualche settimana a Riace ci sarà Roberto Iacona che ne farà il suo racconto.
Io, nel mio piccolo, se siete arrivati a leggere fin qua vi chiedo di condividere questo racconto, di fare uso buono dei social per fare passaparola, perchè una voce si perde, tante voci gridano e arrivano lontano. Grazie fin d’ora a chi lo farà.

Un amico ha detto a Mimmo: tu incarni il nostro sogno degli anni ’70. Noi abbiamo solo sognato, tu l’hai realizzato.

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Un articolo che spiega abbastanza bene
http://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2017/09/26/news/sindaco_riace-176573285/

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