ARTICOLO DI FRANCA FORTUNATO PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO DEL SUD IL 18.02.2023 PER LA RUBRICA “UNA DONNA, UNA MIMOSA…VERSO L’8 MARZO”
UNA MIMOSA PER LA SCRITTRICE DANIELA GRANDINETTI
Ogni scrittrice merita una mimosa perché in ogni libro vivono passione, amore, timori, aspettative, ambizioni, piacere e fatica di ogni donna che ama scrivere. Da qui nasce una mimosa per Daniela Grandinetti, scrittrice calabrese, nelle librerie in questi giorni con il suo ultimo romanzo “Luna Pietra” edito A&B.
Un romanzo ambientato in un piccolo borgo montano nell’ Appennino calabrese, Sovara, e in un tempo che tiene insieme i primi anni del Novecento e il presente. Cosma, Rosaria, Elvira, Cettina, Angela e Tilde sono le donne le cui vite nel romanzo si intrecciano, in un continuum tra nonna e nipote, madre e figlia, amiche e sorelle in un groviglio di solitudine, lacrime, violenze, stupro, aborto clandestino, menzogne, tradimenti, segreti, rancori, paura, rabbia, disprezzo, compassione, riconciliazione, morte e rinascita.
Tutto ruota intorno a Cettina, alla sua amicizia con Tilde, che cresciute insieme resteranno sempre unite anche quando lei parte e l’altra resta, e al fantasma di Cosma, la “bella contadina morta giovane e che gli anziani del paese raccontavano corresse per i vicoli a seminare vento, tempesta e malasorte”.
Un fantasma, divenuto leggenda, che ha accompagnato, nel racconto di nonna Rosaria, l’infanzia e l’adolescenza di Cettina. Un fantasma che la accoglie e la protegge quando ha paura del padre che picchia rabbiosamente Elvira, sua madre. Una madre che lei vorrebbe salvare ma non sa come fare anche perché non vuole essere salvata, almeno è quello che pensa. Da qui la sua rabbia verso di lei e i sensi di colpa verso sé stessa.
Quel fantasma, il cui volto le somiglia e torna in tutti i suoi disegni e nei suoi scritti, non è che l’ombra di sé stessa, che cerca di rassicurarla e placare le sue paure. Scrivere e disegnare sono le cose che lei ama “di più” ed è per diventare pittrice che lascia quell’inferno e si trasferisce a Milano, dove frequenta per un anno l’Accademia. Un sogno quello di pittrice che abbandonerà, dandole un senso di fallimento, e si accontenterà di vivere malamente il sogno dell’altro, del suo compagno, un pittore famoso.
Il passato anche se si cerca di dimenticare, di rimuovere, come fa Cettina, non si cancella, ed è così che quando decide di ritornare al suo paese e nella casa del padre i ricordi tornano tutti e le chiedono di essere accolti, elaborati, attraversati, con tutto il groviglio di sentimenti negativi che si porta dentro e che chiede di essere sciolto, se vuole lasciarsi davvero il passato alle spalle e ricominciare a vivere.
La nonna, la madre sono morte, il padre “origine di tutto quel male”, da lei sempre disprezzato, è ormai vecchio ed ammalato, è innocuo, e se non lo può amare e perdonare cercherà almeno di averne compassione. Rivive la pena che, da piccola, provava per sua madre, “una donna triste” dallo “sguardo spento” dalla violenza di un uomo che non l’amava e la tradiva.
Solo dopo aver letto una lettera della madre scritta per lei prima di morire in cui le svela l’ultimo segreto e le chiede di essere assolta, Cettina si riconcilia con lei e con sé stessa, superando ogni rabbia e risentimento. Con Tilde si confessano per la prima volta bugie e segreti che “forse – dice l’amica – avremmo dovuto confessarci prima”.
Cettina può ricominciare a vivere con accanto l’ombra di Cosma che finalmente ha trovato la sua quiete. Un romanzo triste ma vero, che suscita sdegno per le tante vite di donne distrutte dalla violenza e dal dominio maschile, in una Calabria che, grazie alle donne, non c’è più se non nello spopolamento dei suoi borghi, come Sovara.
Franca Fortunato