UN ROMANZO DI LUOGHI E PERSONE

Recensione

Questo romanzo, fatto di luoghi e di persone, racconta la nostra Calabria incastonata in una storia che evolve con essa nella trasformazione del territorio, nell’inevitabile fluire del tempo fatto di un “prima” (passato), di un “adesso” (presente) e di un “poi” (futuro). I luoghi della Calabria, dunque, fanno da cornice ai fatti raccontati e al tempo entro al quale si svolgono.

Il tempo del “prima”, risalente agli inizi del Novecento, porta con sé un racconto soffiato dal vento impetuoso di Sovara e srotolato, tra le generazioni, per dare testimonianza dei luoghi che, pur abbandonati, possiedono una storia che li preservano dalla morte.

Storie amare quelle di un tempo. Il tempo dei nostri contadini e pastori che, sotto il peso delle fatiche, vivevano di stenti e privazioni resi ancora più duri da una sorta di individualismo rafforzato nella nostra Calabria dalla montuosità del territorio e dalle sue terre non sempre generose.

Dal tempo del “prima” si appropria quello dell’“adesso”. Il tempo nostro dei luoghi, dei paesi che subiscono l’abbandono, come quello di Sovara, protagonista di uno spopolamento sempre più incalzante dei comuni montani del nostro Paese, diventati nel tempo dei veri e propri ghost town. Oltre questo tempo, si desume che all’autrice piaccia pensare a quello di un “poi”, speranza auspicabile di un ripopolamento dei paesi che, fra le altre cose, attraverso varie strategie politiche, sembra stia già avvenendo in borghi abbandonati, Pentedattilo o Laino Castello sono tra questi.

Un’impresa difficile ma non impossibile perché i luoghi vivono fino a quando le persone sono legate ad essi. E il ritorno è sempre cambiamento, una sfida verso il luogo natio che non è più lo stesso; lo sa bene Cettina, una delle protagoniste del racconto così come tutte quelle persone che guardano alle proprie radici indossando quegli occhiali che solo una vita trascorsa lontano dalle proprie origini ti può donare.

Le migrazioni di “prima” e quelle di “adesso” entrambe legate dalle medesime motivazioni di chi è costretto ad abbandonare luoghi “vivi” per un “altrove” che, pur benevolo, è privo di memoria, di legame fisico e affettivo; di chi ha voglia, dopo essere partito, di tornare, consapevole che pur nella rovina delle cose, a causa dell’abbandono, ha la possibilità di riconnettersi con un passato che dura attraverso le cose nel presente. Filo sottile teso dal ricordo dei padri.

Da questi luoghi carichi di senso, sgusciando, prendono forma le persone e tra queste due donne sono le protagoniste: Cosma e Cettina; vittime della povertà e di una cultura patriarcale che condanna il genere femminile, a ruolo di sottomissione, mediante la violenza fisica o psicologica.

E poi ci sono gli uomini, a mio avviso, i veri perdenti perché escono da questa vita nella maniera più triste che un essere umano possa affrontare, ossia quella della solitudine e dell’abbandono.
Questa sarà la sorte di don Natale che rimasto solo, dopo che la morte avrà falciato la sua intera famiglia, vivrà la sua estrema ora nel buio di una notte solitaria, in compagnia del suo solo fantasma che gli è sempre accanto, vigile a ricordare il male commesso e non lo lascerà fino al suo ultimo istante di vita. E quella del padre di Cettina, nonché marito di Elvira, che trascorre la sua esistenza a riempire con la forza e il potere il proprio serbatoio affettivo, ignaro che questi mezzi non ripagano con il calore dell’affetto, perché l’amore non lo si può ottenere attraverso la paura. Egli, infatti, trascorrerà gli ultimi anni della sua vecchiaia a brancolare nel buio della sua mente dopo aver fallito nel suo ruolo di marito e in quello genitoriale, condizionando fortemente la figlia Cettina nelle sue scelte di vita.

Il romanzo è reso ancora più intenso dall’utilizzo della tecnica del flashback che, intrecciando il presente con il passato, dà al lettore la possibilità di comprendere vite lacerate, percorsi di crescita segnati da paure e conflitti che ostacoleranno per sempre la possibilità di un vivere sereno.
Ciononostante, non bisogna darsi per vinti. Commuovente è il ritorno della protagonista al suo paese. La sua esperienza di violenza psicologica e fisica avrà un impatto notevole sulle sue scelte di vita che la renderanno un personaggio resiliente poiché, mettendo insieme i frammenti della sua anima, sarà in grado di gestire le sue emozioni con una forza di volontà tale da intraprendere un nuovo cammino, quello del ritorno.

Ed è questo un ritorno obbligato anche per tutti coloro che vanno alla ricerca di sé stessi, di verità profonde, parti preziose dell’io che a volte gli uomini perdono nell’oscurità della notte, ritrovandosi esseri fragili a causa delle miserie umane.

Di grande significato è il romanzo di Daniela Grandinetti, la sua lettura ci mostra le “acrobazie” della vita nella notte buia, ma anche il desiderio di profumi e colori naturali che riportano al meraviglioso mondo dell’infanzia, mentre gli occhi rimangono impigliati tra il luminoso chiarore della luna.

Teresa Sinopoli (Docente di Lettere)

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: