VIM BASTARDO

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«A casa mia l’odore del vim era dappertutto, mia madre lo usava anche per disincrostare le pentole e anch’io quando pulivo in bagno spargevo quella polvere verde che a contatto con l’acqua diventava blu e tirava via quella patina di giallo sul bianco delle mattonelle che così tornavano a splendere. Quell’odore mi è rimasto nel naso, lo sento sempre.»
Adriano ebbe un sussulto e si sollevò di scatto.
«Scusa, ma questo che c’entra adesso?» Guardò Vanna che ancora aveva la testa tra le sue gambe con lo sguardo strabuzzato; in quella posizione, seduto a gambe larghe e con la cerniera abbassata, all’improvviso si sentì nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Era stata lei a proporre di finire la serata insieme nel suo appartamento. Che quella fosse matta e non se n’era accorto? D’istinto si tirò su la cerniera, era a disagio. Vanna aveva ancora la camicia sbottonata, lasciava intravedere un reggiseno di pizzo chiaro. Sollevò il viso e lo guardò dritto negli occhi.
«Scusami, sono stata una stupida, non so perché proprio adesso mi sia arrivato questo ricordo nella testa, e non so perché l’abbia detto a voce alta. Scusa Adriano – poi aggiunse, ma con una punta di sarcasmo che non tranquillizzò affatto Adriano – tu non odori di vim stai tranquillo.»
Ma ormai la frittata era fatta, tutta l’eccitazione di un attimo prima era svanita. Adriano cercava di sistemarsi passandosi le mani tra i capelli con evidente nervosismo. Vanna invece era rimasta in ginocchio immobile, senza una particolare espressione.
«Aspetta un attimo.» Disse poi Vanna. Si alzò e si diresse verso la cucina.
La prima cosa che pensò Adriano fu di andarsene, quella faccenda stava prendendo una strana piega, non gli piaceva affatto. Si tirò su i pantaloni e cominciò a sistemarsi la camicia mentre cercava di recuperare le scarpe sotto il tavolino.
«Ecco, lo vedi?» Vanna era ricomparsa sulla porta della cucina, scalza e con la camicia aperta, gli stava mostrando una confezione di Vim, lo teneva in mano come un trofeo.
«Lo fanno ancora sai? Te lo ricordi? Si usava in casa tua? Forse tua moglie lo usa ancora»
«Mi… mia mo-glie??» Balbettò Adriano, cosa c’entrava ora sua moglie, non avevano parlato di faccende personali, lui non aveva neanche la fede. La levava sempre quando andava al Banana moon il giovedì. Sì certo, per imbroccare, era un sano maschio quarantenne. E allora? Lei non s’era fatta pregare poi tanto! E adesso che c’entrava sua moglie? Adriano fu certo che quella donna doveva avere una rotella fuori posto, doveva trovare il modo di andarsene al più presto.
«Sì, tua moglie, o tua madre quando stavi con lei, tu non hai l’aria di uno che fa le pulizie.»

Intanto Vanna aveva appoggiato il vim sul tavolo, mentre Adriano era rimasto scalzo e con le scarpe in mano, con l’aria di uno che era lì per caso e si era perso.
«Forse però non lo sai, ma il vim è altamente tossico…»
Adriano diventò bianco come un lenzuolo. Cosa intendeva fare quella matta. Ma guarda in che situazione si era cacciato. Calcolò che tra darle uno spintone sul divano e guadagnare la porta gli ci sarebbero voluti si e no una ventina di secondi, anche se questo avrebbe comportato andare via scalzo, perché per recuperare l’altra scarpa gli ci sarebbero voluti una ventina di secondi supplementari che avrebbero potuto essere fatali. Meglio restare scalzo, ma in salvo.
«Ma io.. io di vim non ne so niente…. Non credo di aver mai visto qualcuno usarlo…» Cercò di stare al gioco e prendere tempo, magari trovare un varco per distrarla. Gli sembrò di essere in uno di quei thriller in cui il protagonista finisce male e lui non aveva voglia di fare una brutta fine. Per giunta con una che non conosceva. Avvelenato con il vim da una serial killer. Era in pericolo, ne era sicuro, doveva andarsene.
«Ti vedo spaventato Adriano.. ma di cosa? Rilassati.. – Vanna prese in mano il vim, ruotò il cilindro nella mano – lo sai che contiene ben 146 differenti sostanze chimiche, tra cui anche alcune collegate a disturbi seri come asma, cancro e malattie del sistema riproduttivo; tra le più tossiche figurano formaldeide, benzene e cloroformio, anche se non sono indicate sull’etichetta.»
«Cosa vuoi fare Vanna?…. non capisco tutta questa storia…. È assurdo»
«Il fatto è che tu il vim lo conosci, ma forse non te lo ricordi, io sto solo cercando di aiutarti a ricordare… via, non essere ridicolo, rilassati, non ti farò sniffare questa deliziosa polverina per farti scoppiare i polmoni…. Guarda, lo metto via, non hai niente da temere. Vuoi un caffè? O magari una camomilla? Ti vedo agitato… magari se ti calmi te lo ricordi che una volta il vim nella tua vita c’è stato.
«Vanna, te lo ripeto, non so cosa stai cercando di dirmi. Finiamola qui, io me ne vado. »
«Tranquillo, te ne andrai, ma prima devi ascoltare una storia che ti rinfrescherà la memoria. Molti anni fa io ero poco più che una bambina. Un giorno tornai a casa da scuola e stranamente non era apparecchiato come al solito e neanche il pranzo era pronto. Sai, mia madre era casalinga e rispettare gli orari era una norma. Era strano anche che mio padre fosse già a casa a quell’ora e comunque mia madre non era in giro per casa. Fui colta dal panico. Mio padre mi tranquillizzò, non mi fece entrare in camera da letto dove mia madre s’era messa a letto. Mi disse soltanto che non si sentiva bene ma non era niente di grave. Sapevo non era vero, mia madre non si sarebbe mai messa a letto senza preparare da mangiare per una cosa da niente. Nessuno rispose alla mia domanda “Ma cos’ha?”, così me ne andai in camera mia, tanto quel giorno nessuno aveva fame. Non voglio fartela tanto lunga. Io ero sicura fosse successo qualcosa di brutto, così mi misi a origliare, cercavo di captare qualsiasi bisbiglio passasse tra i muri e alla fine misi insieme quello che era successo. Mia madre ai grandi magazzini quella mattina aveva messo nella sua borsa due detersivi, uno era un vim. Ma un guardiano solerte l’aveva vista. Quel guardiano non si era accontentato di risolvere la faccenda con la distinta signora. Quel guardiano – o si chiama addetto alla sorveglianza? – era un giovanotto ambizioso. Portare quella donna al direttore gli avrebbe fatto fare un figurone. Davanti agli occhi increduli dei clienti – la maggior parte dei quali sicuramente conosceva quella donna – la aggredì, prese a strattonarla e le intimò di aprire la borsa. La donna balbettava, lui con la forza le strappò la borsa e tirò fuori le due confezioni trionfante, con aria cattiva. All’epoca credo non fossero neanche 500 misere lire. Non contento la prese per un braccio e la trascinò via. Mia madre non era una ladra, avrebbe pagato quei fottuti detersivi. Ammesso che per un attimo avesse deciso di risparmiare quelle due lire, chissà. Ma è certo che non era una ladra. Quando arrivò in direzione si sentì male, chiamarono mio padre che pagò la merce lasciandogliela là e se la portò a casa. Da quel giorno mia madre non uscì di casa. La vergogna e l’umiliazione erano stati così forti che cadde in sorta di prostrazione che la rese muta, assente. Una depressione che le è costata carissima, a lei come alla sua famiglia. Un vim e un detersivo per i piatti. Capisci? Si vedeva a occhio nudo che non poteva essere una ladra, che sarebbe bastato riprenderla con cortesia. Ma l’arroganza e le prove di forza sono il pane degli stupidi, e gli ambiziosi a volte possiedono quella stupidità.
Te la ricordi adesso quella delicata signora elegante dall’aria modesta? Te la ricordi mia madre signor direttore, allora eri un sorvegliante, signor direttore…»
«Vanna scusa, è stato tanto tempo fa.. non so.. »
«Te la ricordi? »
«No so.. mi sento confuso»
«Te la ricordi? »
«Ero giovane, credo di…»
«Te la ricordi? »
«È una vecchia storia…non… »
«Te la ricordi? »
«Sì va bene, sì, sì, me la ricordo…»
«Bene. Perché quando ti ho visto ti ho riconosciuto all’istante. Adesso prenditi la tua roba e vattene. Sono contenta di sapere che sei lo stesso bastardo che dava fastidio anche alle ragazzine tanto tempo fa. »
Vanna aprì la porta. Adriano era titubante, tremava, l’aria spavalda era scomparsa, perfino i suoi capelli tinti sembravano essersi afflosciati.
«Vattene»
«Io.. io…»
«Vattene. Anzi no, aspetta un attimo»
Vanna prese il vim dal tavolo.
«Ecco prendilo. È ottimo per cancellare le macchie. Te lo regalo. »
Adriano era immobile e con le scarpe in mano.
Vanna lo spinse fuori.
Poi chiuse la porta e si riabbottonò la camicetta.

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