UN TEMA

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Fuori ricomincia a piovigginare e oggi è una giornata un po’ così. Malinconica.
Poi accade che ricomincio a correggere il plico dei compiti e ne sfilo uno, lo leggo, lo correggo e mentre scorro le righe mi rendo conto che a volte i temi dei ragazzi sono incredibili atti di fiducia.
Si parla di abolire il tema, di adottare i riassunti, di incentrare l’attenzione sulla comprensione del testo. Tecnicamente è giusto e sacrosanto.
Però è anche vero: come farei io a scovare gli animi inquieti, quelli che hanno bisogno di un’attenzione diversa, senza conoscerli? Perché è anche questo che noi insegnanti di Lettere a volte facciamo, è attraverso di noi che passano le menti e quello che c’è dentro, nel profondo, non perché siamo diversi, semplicemente perché a noi talvolta scelgono di rivelarsi: hanno davanti un foglio bianco e l’occasione di raccontarsi e spesso di raccontare quella parte di sé difficile da svelare perfino ai compagni.
Per questo ho deciso di condividere degli stralci di questo tema, perché se da un lato il testo di questo ragazzo mi ha intristito, e molto, dall’altro non sapevo dove stava e ora lo so.
Dopo più di vent’anni ancora di fronte a certi testi mi commuovo e non è il mio innato istinto di crocerossina o, peggio, quello materno (me lo sono sentito rimproverare più di una volta da qualche collega, con una certa mancanza di tatto), è proprio che credo nella mia professione. So per esperienza che se un ragazzo scrive un tema così, qualcosa ti sta dicendo, di sé, del suo mondo, della sua solitudine. E tu che fai? Gli dai un voto e ti volti dall’altra parte? Non io.
Forse sbaglio, e ad ogni modo (anche se può sembrare inopportuno, ma lo faccio nella piena convinzione che non lo sia) questi sono stralci del tema. Voglio precisare che sono come lui li ha scritti. Finora per me lui (sono la sua insegnante da settembre) era soltanto uno che scriveva maluccio, con molte carenze, come si sottolinea nei temi.
E a voi adulti chiedo: quale la responsabilità? Dove si ferma quella di un’insegnante?
“Oggi tutti siamo tecnologici, ma la mia generazione – quella del 2000 – è stata rovinata dai social network e ne parlo da testimone. Si va dal lecchinaggio all’umiliazione della persona. Hanno attaccato le nostre menti, perché in un’età in cui ancora non si pensa con la propria testa, quando si può essere plagiati facilmente.
In poche parole hanno creato un gregge di pecore in cui la società ha il ruolo del pastore, hanno creato uno spettacolo di marionette in cui il burattinaio muove i fili e dice cosa indossare, cosa mangiare, come comportarsi, come parlare. Così con una mano ti danno i soldi che dovrebbero servire per vivere e infilano le altre cinque dita nel nostro portafogli, imponendoci cosa comprare per essere all’altezza, siamo tutti omologati.
Fin da piccolo mi sono dovuto abituare a rinunciare a tutto perché a casa arrivavano sempre pochi soldi. Quando sei un bambino queste cose ti pesano, arrivi a invidiare gli altri. Crescendo queste cose pesano ancora, ma capisci di essere impotente. Ma quello che ti fa soffrire non è più la mancanza di beni materiali, ma il fatto di non poter coltivare appieno i propri sogni. La cosa che più mi fa incavolare è quando vedi persone che hanno tutte le possibilità di questo mondo e non combinano niente, mentre io che ho intenzione di realizzare un piccolo sogno devo fare sacrifici su sacrifici per avere una piccola possibilità di riuscita.
Un’altra cosa che mi fa incavolare sono le persone che ti allontano perché non vesti firmato o solo perché pensi con la tua testa. Non è bello quando degli stupidi pregiudizi ti allontanano e magari più cerchi di avvicinarti a loro più vieni respinto. Ci resti male, ti chiedi se la colpa è tua.
E’ così che ho preso la decisione di isolarmi, e forse è una cosa negativa, anzi spesso lo è, perché ho pensieri che mi fanno odiare il mondo intero. Questo avviene di notte, quando inizi a pensare come sarebbe bello se, come sarei felice se, finchè non torni nel mondo reale e capisci che è tutta un’illusione.
A volte apprezzi la solitudine, è come guardare le cose da un altro punto di vista, da un’altra prospettiva. Allora inizi a notare persone, particolari di ogni singola cosa, e ne sei felice.
Mi rendo conto d’essere andato fuori tema, d’altronde non mi importa più del voto, non è un voto che stabilisce la propria intelligenza.
Concluderò dicendo a chi dice che i soldi non fanno la felicità che sbaglia di grosso: è semplicemente una persona che non ha provato la povertà, perché senza soldi si litiga e si vive male, ne sono testimone tutti i giorni nella mia famiglia.
In questo mondo tecnologico nel quale abbiamo tutte le comodità e vogliamo essere uguali agli altri non possono mancare i soldi, perché fanno la differenza, fanno la felicità, la fanno eccome.”
Ho trovato questo testo di una dignità che mi ha commosso. Non credo che da domani lo guarderò come ho fatto fino a ieri. Questione di complicità e di rispetto.

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