Raffaella Campanella
Presentazione del Romanzo
Il mistero della casa del vento
di Daniela Grandinetti
Libreria Tavella – Lamezia Terme, 27 dicembre 2010
Presentazione del Romanzo
Il mistero della casa del vento
di Daniela Grandinetti
Libreria Tavella – Lamezia Terme, 27 dicembre 2010
I ringraziamenti prima di tutto e, in questo caso, non sono e non possono essere ringraziamenti formali né quelli che rivolgo a voi per essere qui questa sera, perché molti di voi sono stati parte della mia vita; né quelli che rivolgo a Daniela per avere voluto che fossi io, che nella vita pubblica faccio ben altro mestiere, a presentare questo suo libro che, forse perché anche lei nel suo quotidiano fa ben altro mestiere, ha un significato che ne travalica sia il significante che il referente.
Ed è questo significato che, probabilmente (se ancora come quarant’anni fa sono capace di leggere nel cuore di Daniela, se è vero che la nostra è una “amicizia stellare” che prescinde il tempo e lo spazio), fa sì che questa “presentazione” abbia per lei un’importanza differente dalle altre già fatte o da fare.
Perché, se come credo, esiste una geografia dell’anima… un paesaggio interiore in ciascuno di noi….. io so che tra i pochi elementi stabili di questo mio quadro in continuo movimento ci sono Daniela e questa città… così come so che anche nel paesaggio dell’anima di Daniela ci sono Raffaella e questa città. Questa città di cui abbiamo vissuto, da adolescenti, forse il tempo migliore….. quello che non conosceva le derive dell’odierno spaesamento di valori e sentimenti….. quello in cui il senso del “collettivo” predominava su tutto e si esprimeva finanche nel conflitto….. quel tempo in cui non rimpiangevi di non essere nato e di non poter vivere altrove…..
Ma forse è il caso di andare al “punto”, al motivo per cui sono qui: presentare il Romanzo di Daniela.
Un Romanzo: una sorta di “isola non trovata” per chi come me ama scrivere ma, al contempo, è costretta “per mestiere” a farlo in un modo “altro”: un modo in cui il cosiddetto rigore scientifico finisce col mortificare l’immaginario; un modo in cui, alla fine dei conti e delle valutazioni, le note a piè di pagina e le op. cit. prendono il sopravvento sulla narrazione.
Un Romanzo……..
Ha senso oggi scrivere un Romanzo? Probabilmente, io credo, ha lo stesso identico senso che aveva quattro secoli fa, quando il genere ebbe origine con Cervantes. Il cammino del romanzo si delinea infatti, per dirla con Milan Kundera, come una sorta di storia parallela dei Tempi moderni: un viaggio lungo oltre quattro secoli, che vede per primo Don Chisciotte “uscire di casa e non essere più in grado di riconoscere il mondo”, che lo vede incamminarsi lungo una strada “in cui l’unica vera verità assoluta si scompone in infinite verità relative”……….. su un percorso parallelo, invece, procede intanto un altro eroe: l’uomo moderno di Descartes, l’io pensante a fondamento di tutto, “signore e padrone della natura”.
Un viaggio lungo oltre quattro secoli e che contiene, paradossalmente, la sua fine nel suo stesso principio e la sua ragion d’essere nella sua negazione…………
Ma la parola “viaggio” mi ricorda che sono qui a parlare del Romanzo di Daniela.
Già, perché cosa mai altro è questo Romanzo se non un viaggio?
E io non vi parlerò, infatti, del Romanzo, della sua trama, della sua protagonista e/o delle sue protagoniste – che altro non sono che l’incontro in quel punto all’infinito, denominato non a caso “improprio”, tra le due rette parallele percorse dall’io pensante e costretto di Descartes e dal folle e libero Don Chisciotte di Cervantes – no, io vi parlerò del viaggio: perché questo è quest’esperienza di Daniela……… questo suo scavare per venire all’aperto (ex apertus)…….
Un viaggio……..
Lo è già nel nome della protagonista (o della dipanatrice/scavatrice) di questa storia: ANNA.
ANNA è un palindromo….. la forza di “ANNA” è “essere un palindromo” = palin-dromo= nuovamente-percorso=ripercorso. Non è da lì che comincia tutto…… era già cominciato, ma ANNA non lo sapeva………….Lo scopre a poco a poco, ed ancora lo riscopre, quasi senza capirlo. Navigando a vista, facendo vela con tutti i venti, smettendo di ostinarsi contro l’unico che le avversa la rotta… facendosi portare o riportare…….. navigando a vista, ma con occhi nuovi.
E durante questo viaggio, facendosi portare e riportare da questi venti, da queste storie di donne – che sono lei e altro da lei, che sono la sua storia e storie altre – scopre di essere un intreccio di segmenti………. mai nulla che sia linea, mai nulla che tenda all’infinito.
Segmenti che si sono intrecciati, aggrovigliati assieme, malamente annodati…….. a formare la matassa di filo di ferro che imprigiona l’anima e la sua luce possibile.
Perché è così che accade: quando la vita non ti aiuta ti sforzi di aiutare la vita…….. e t’inventi un futuro falso, un “futuro remoto”, che poi ti ritrovi alle spalle…………. spezzi quelle poche linee che potrebbero perdersi all’infinito, per paura del “dolore che può venire dal troppo amore”. Il “troppo amore” che si prova soltanto per le persone con cui condividi la “cum-passione”, quelle che “sentono” le cose così come le senti tu.
Spezzi quelle poche linee di splendore, le riduci a segmenti, così da poterle misurare, così da poterle controllare……… così da poterti salvare dal “dolore che può venire dal troppo amore”. E, intanto, perdi il resto che soltanto da questo “troppo amore” può venire, perdi “lo splendore”. Ma non ci pensi, non ci vuoi pensare. Diventi Dio senza esserne neanche la Bestia, solo per il terrore di essere “troppo umano”. Poi qualcosa, a volte, accade. Forse la “natura delle cose e degli uomini” chiude uno dei “segmenti” in un “cerchio”: l’inizio e la fine, A e B, si incontrano……. si fondono in un coagulo di luce. E allora tu cominci a capire (ad essere “consapevole”) ed è “splendore”. Non è mai semplice. Si fa resistenza. Poi incontri qualcosa di te, il vento ti porta il senso di qualcuno come te, quei “qualcuno” che riconosci senza avere mai conosciuto. Non ti daranno scampo. Dovrai arrenderti: ripercorrerti. Ripercorrere tutte le linee di “troppo amore” che hai spezzato e ridotto in “segmenti controllabili”, tutti quei segmenti che si sono ribellati e, trasformandosi in fili di ferro, si sono aggrovigliati sul tuo cuore.
Così comincia il lavoro: dipanare la matassa………. stendere i segmenti al sole………. trovare A e B…………. percorrere (A-B) e ripercorrere (B-A) i segmenti ……….. scoprire che A=B………….riuscire, formando cerchi perfetti, a far penetrare A in B e B in A………… farli coagulare in uno unico punto “splendente”…… il punto da cui si può riprendere il viaggio, facendosi portare dal vento……… Un viaggio in cui si sceglie di non imparare la rotta, per ricordarsi il mare, perché (come Don Chisciotte che spinge il suo immaginario fino in fondo, un immaginario che presuppone la follia, purché essa sia esatta) solo chi si è perduto sa realmente dove sta.
Ed è questo significato che, probabilmente (se ancora come quarant’anni fa sono capace di leggere nel cuore di Daniela, se è vero che la nostra è una “amicizia stellare” che prescinde il tempo e lo spazio), fa sì che questa “presentazione” abbia per lei un’importanza differente dalle altre già fatte o da fare.
Perché, se come credo, esiste una geografia dell’anima… un paesaggio interiore in ciascuno di noi….. io so che tra i pochi elementi stabili di questo mio quadro in continuo movimento ci sono Daniela e questa città… così come so che anche nel paesaggio dell’anima di Daniela ci sono Raffaella e questa città. Questa città di cui abbiamo vissuto, da adolescenti, forse il tempo migliore….. quello che non conosceva le derive dell’odierno spaesamento di valori e sentimenti….. quello in cui il senso del “collettivo” predominava su tutto e si esprimeva finanche nel conflitto….. quel tempo in cui non rimpiangevi di non essere nato e di non poter vivere altrove…..
Ma forse è il caso di andare al “punto”, al motivo per cui sono qui: presentare il Romanzo di Daniela.
Un Romanzo: una sorta di “isola non trovata” per chi come me ama scrivere ma, al contempo, è costretta “per mestiere” a farlo in un modo “altro”: un modo in cui il cosiddetto rigore scientifico finisce col mortificare l’immaginario; un modo in cui, alla fine dei conti e delle valutazioni, le note a piè di pagina e le op. cit. prendono il sopravvento sulla narrazione.
Un Romanzo……..
Ha senso oggi scrivere un Romanzo? Probabilmente, io credo, ha lo stesso identico senso che aveva quattro secoli fa, quando il genere ebbe origine con Cervantes. Il cammino del romanzo si delinea infatti, per dirla con Milan Kundera, come una sorta di storia parallela dei Tempi moderni: un viaggio lungo oltre quattro secoli, che vede per primo Don Chisciotte “uscire di casa e non essere più in grado di riconoscere il mondo”, che lo vede incamminarsi lungo una strada “in cui l’unica vera verità assoluta si scompone in infinite verità relative”……….. su un percorso parallelo, invece, procede intanto un altro eroe: l’uomo moderno di Descartes, l’io pensante a fondamento di tutto, “signore e padrone della natura”.
Un viaggio lungo oltre quattro secoli e che contiene, paradossalmente, la sua fine nel suo stesso principio e la sua ragion d’essere nella sua negazione…………
Ma la parola “viaggio” mi ricorda che sono qui a parlare del Romanzo di Daniela.
Già, perché cosa mai altro è questo Romanzo se non un viaggio?
E io non vi parlerò, infatti, del Romanzo, della sua trama, della sua protagonista e/o delle sue protagoniste – che altro non sono che l’incontro in quel punto all’infinito, denominato non a caso “improprio”, tra le due rette parallele percorse dall’io pensante e costretto di Descartes e dal folle e libero Don Chisciotte di Cervantes – no, io vi parlerò del viaggio: perché questo è quest’esperienza di Daniela……… questo suo scavare per venire all’aperto (ex apertus)…….
Un viaggio……..
Lo è già nel nome della protagonista (o della dipanatrice/scavatrice) di questa storia: ANNA.
ANNA è un palindromo….. la forza di “ANNA” è “essere un palindromo” = palin-dromo= nuovamente-percorso=ripercorso. Non è da lì che comincia tutto…… era già cominciato, ma ANNA non lo sapeva………….Lo scopre a poco a poco, ed ancora lo riscopre, quasi senza capirlo. Navigando a vista, facendo vela con tutti i venti, smettendo di ostinarsi contro l’unico che le avversa la rotta… facendosi portare o riportare…….. navigando a vista, ma con occhi nuovi.
E durante questo viaggio, facendosi portare e riportare da questi venti, da queste storie di donne – che sono lei e altro da lei, che sono la sua storia e storie altre – scopre di essere un intreccio di segmenti………. mai nulla che sia linea, mai nulla che tenda all’infinito.
Segmenti che si sono intrecciati, aggrovigliati assieme, malamente annodati…….. a formare la matassa di filo di ferro che imprigiona l’anima e la sua luce possibile.
Perché è così che accade: quando la vita non ti aiuta ti sforzi di aiutare la vita…….. e t’inventi un futuro falso, un “futuro remoto”, che poi ti ritrovi alle spalle…………. spezzi quelle poche linee che potrebbero perdersi all’infinito, per paura del “dolore che può venire dal troppo amore”. Il “troppo amore” che si prova soltanto per le persone con cui condividi la “cum-passione”, quelle che “sentono” le cose così come le senti tu.
Spezzi quelle poche linee di splendore, le riduci a segmenti, così da poterle misurare, così da poterle controllare……… così da poterti salvare dal “dolore che può venire dal troppo amore”. E, intanto, perdi il resto che soltanto da questo “troppo amore” può venire, perdi “lo splendore”. Ma non ci pensi, non ci vuoi pensare. Diventi Dio senza esserne neanche la Bestia, solo per il terrore di essere “troppo umano”. Poi qualcosa, a volte, accade. Forse la “natura delle cose e degli uomini” chiude uno dei “segmenti” in un “cerchio”: l’inizio e la fine, A e B, si incontrano……. si fondono in un coagulo di luce. E allora tu cominci a capire (ad essere “consapevole”) ed è “splendore”. Non è mai semplice. Si fa resistenza. Poi incontri qualcosa di te, il vento ti porta il senso di qualcuno come te, quei “qualcuno” che riconosci senza avere mai conosciuto. Non ti daranno scampo. Dovrai arrenderti: ripercorrerti. Ripercorrere tutte le linee di “troppo amore” che hai spezzato e ridotto in “segmenti controllabili”, tutti quei segmenti che si sono ribellati e, trasformandosi in fili di ferro, si sono aggrovigliati sul tuo cuore.
Così comincia il lavoro: dipanare la matassa………. stendere i segmenti al sole………. trovare A e B…………. percorrere (A-B) e ripercorrere (B-A) i segmenti ……….. scoprire che A=B………….riuscire, formando cerchi perfetti, a far penetrare A in B e B in A………… farli coagulare in uno unico punto “splendente”…… il punto da cui si può riprendere il viaggio, facendosi portare dal vento……… Un viaggio in cui si sceglie di non imparare la rotta, per ricordarsi il mare, perché (come Don Chisciotte che spinge il suo immaginario fino in fondo, un immaginario che presuppone la follia, purché essa sia esatta) solo chi si è perduto sa realmente dove sta.
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