Una carusa tosta

goliarda

Ancora una volta della lettura di questo MERAVIGLIOSO libro devo ringraziare un amico, Roberto Lucisano. Confesso anche che sulla prima pagina del libro, per la prima volta, dopo averlo letto, mi ci sono fatta una dedica con tanto di firma, causa ENTUSIASMO allo stato puro!

 

 

La storia del libro

… di Goliarda Sapienza è già di per sé un romanzo: intanto è un libro postumo. Scritto e abbandonato per vent’anni, è stato rifiutato dai principali editori italiani. Nel 1998 viene ristampato in poche copie da Stampa Alternativa, ma è l’uscita all’estero (Francia, Germania e Spagna) che ne decreta il successo. Nella Prefazione Angelo Pellegrino (che pubblicò a sue spese L’arte della gioia in un migliaio di copie per Stampa Alternativa) lo definisce “un libro maledetto”.

Goliarda Sapienza nel 1996, a vent’anni dalla stesura del suo romanzo, ricomincia a pensare alla sua pubblicazione per intero. Lo riprendere in mano per la revisione davanti a un cartello “Sono passati 30 anni dal primo appunto su Modesta. Attenta Goliarda, non cadere nel tranello dell’autocensura”.

Temeva che le sconfitte editoriali la inducessero a rivedere l’idea originaria e a tradire la sua storia; a causa di questo libro si ridusse in povertà e andò perfino in galera.

Al centro del romanzo campeggia la figura di Modesta – una carusa tosta – che nasce il 1 gennaio del 1900 in una casa povera della Sicilia. Fin da bambina possiede la consapevolezza che la sua vita sarà oltre gli angusti ambiti che le sono spettati per nascita e così passa di esperienza in esperienza rivelando un innato talento e una non comune intelligenza che la fanno diventare ricca e colta, seducendo uomini e donne. Modesta attraversa tutta la storia del Novecento con la forza che distingue i grandi personaggi. Eppure Goliarda non ha avuto la stessa fortuna di tanti suoi colleghi. E qui mi fermo.

Una spiegazione possibile si trova nella bella Prefazione di Angelo Pellegrino:

Goliarda non potrà vedere la sua Modesta in libreria, ma so che il dolore non è più suo, è tutto mio per lei. Goliarda non è più. Però Modesta esiste. La felicità di uno scrittore, si sa, è il suo stesso lavoro, veder crescere negli esili segni delle parole scritte i propri personaggi e le loro storie. Il resto è soddisfazione, ma non ha nulla a che vedere con quella felicità. (…) Col tempo la critica più avveduta provvederà a mettere in luce gli aspetti stilistici e strutturali e magari finirà con lo stabilire che Mody è il personaggio femminile più vivo del nostro Novecento, che il nascere tra neoavanguardie e minimalismo non poteva giovarle.. (..) ma tutto ciò a Goliarda interessava poco. Scriveva come leggeva, da lettrice, scriveva per i lettori più puri e lontani, con abbandono lucido e passionale, attenta ai battiti cardiaci di un’opera, più che ai concetti e alle forme. Alle idee no, alle idee stava molto attenta, cuore e idee erano il suo nutrimento letterario. Per il resto scriveva per i lettori più puri e lontani, gli unici che riuscisse a sentire fraternamente vicini.”

(A. Pellegrino)

Una carusa tosta

“… perché poi quell’eterna glorificazione della giovinezza? Il giovane serve, produce, sgrava i figli, fa la guerra prima di avere coscienza di se stesso. Ma a quarant’anni, a cinquanta l’essere umano – se non è perito nella guerra sociale continua – diventa pericoloso, si pone dubbi, richiede libertà, riposo, GIOIA. Anche la parola vecchiaia mente, è stata rimpinzata di fantasmi paurosi, come la parola morte, per farti star calma, ossequiosa di tutte le leggi costituite.

Che cos’è la vecchiaia, quando comincia? Al tempo di Sthendal una  dona a trent’anni era vecchia. Io a trent’anni ho appena cominciato a capire e vivere. Chi ha osato varcare quella soglia senza ascoltare pregiudizi e luoghi comuni? Forse più di quanti immagini se puoi incontrare visi sereni, sguardi calmi e sapienti.

Ma nessuno ha mai osato parlare per timore – sempre l’eterno timore – di rovesciare i falsi equilibri stabiliti. Davanti alla porta chiusa di quella parola paurosa, la tentazione di entrare, osservare tutto, ti prende. Certo a ogni angolo puoi incontrare la tua morte. Ma perché aspettarla lì fuori, le spalle curve, le mani molli nel grembo? Perché non andarle incontro e sfidarla giorno per giorno, ora per ora, rubando a essa tutta la vita possibile?

…. Quando Modesta non sapeva nuotare la distanza di quello sguardo la faceva tremare di speranza e di timore. Ora solo una pace profonda invade il suo corpo maturo, e ogni emozione della pelle, delle vene, delle giunture.

Corpo padrone di se stesso, reso sapiente dall’intelligenza della carne. Intelligenza profonda della materia.. del tatto, dello sguardo, del palato. Riversa sullo scoglio Modesta osserva come i suoi sensi maturati possano contenere senza fragili paure d’infanzia tutto l’azzurro, il vento, la distanza. Stupita scopre il significato dell’arte che il suo corpo s’è conquistato in quel luogo, breve tragitto dei suoi cinquant’anni. È come una seconda giovinezza con in più la coscienza precisa d’essere giovani, la coscienza del come godere, toccare, guardare. Cinquant’anni, età d’oro di scoperte, età felice ingiustamente calunniata dall’anagrafe e dai poeti. Come ridire quel pomeriggio d’estate sdraiata sullo scoglio, sfiorata dalle ultime carezze del sole che cala? Come ridire la gioia di quella scoperta? Come raccontarla ad altri? Come comunicare la felicità di ogni atto semplice, di ogni passo, di ogni incontro nuovo, di visi, libri, tramonti, albe e pomeriggi domenicali sulle spiagge assolate?  (L’ARTE DELLA GIOIA , GOLIARDA SAPIENZA)

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