GUARDATE QUESTA FOTO…

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Non è una foto qualunque: se ricorderete questo volto e il suo nome avrete ridato vita a Rossella Casini e compiuto un atto di memoria e di civiltà.

La storia di questa ragazza è di quelle difficili da raccontare e da ascoltare perché arriva dritta come un pugno nello stomaco e fa male.

Rossella Casini il 22 febbraio 1981 telefona al padre e lo avvisa che sta per prendere il treno per Firenze, da Palmi, dove si trova. Ma dopo questa telefonata di lei non si saprà più nulla per 32 anni.

Nessuno è rimasto a cercarla: la madre muore di dolore, dopo qualche anno. Il padre dopo circa quindici anni apprenderà la verità dai giornali e morirà lui stesso poco dopo. Rossella era figlia unica.

Così è stata dimenticata a lungo: senza una tomba, senza una famiglia, senza nemmeno una faccia, e soprattutto senza giustizia.

Per anni è stato l’oblio. Solo la caparbietà di una giornalista, Franca Selvatici  di La Repubblica arriverà a far emergere questa foto dagli archivi della segreteria universitaria di Firenze dopo numerosi appelli.

La storia di Rossella è una storia d’amore e di ndrangheta: lei, una bella ragazza fiorentina, si innamora di Francesco, ragazzo di Calabria che studia a Siena. Va a Palmi, conosce la famiglia, è felice. Non percepisce la verità sull’appartenenza di quella famiglia alla ‘ndrangheta. Non ne conosce i codici. Solo quando il l padre di Francesco viene ucciso in un agguato, Rossella comprende il pericolo. I genitori vorrebbero rompesse quel legame, lei ci prova, ma dura poco. Ritorna a Palmi, vuole salvare Francesco. La faida tra famiglie è in atto, Rossella vede morti ammazzati. Riparte. Poi tocca allo stesso Francesco, che un giorno si becca un proiettile in testa. Ancora Rossella non molla, ritorna a Palmi, lo porta a Firenze, lo cura, comincia lei a raccontare a un magistrato cosa aveva visto e sentito, soprattutto convince Francesco a fare altrettanto.

Ma appena rimesso e tornato in Calabria, Francesco ritratta, la lascia da sola. Lei è testarda, riparte, torna a Palmi. Parlare era diventare INFAMI,  ed è soprattutto la sorella di Francesco, Concetta, che bada a convincere il fratello che quella “forestiera” aveva portato solo guai.

Il 22 febbraio la telefonata al padre “sto rientrando”, dice. Poi più niente.

Tredici anni dopo un pentito dirà che a volere quella morte era stata proprio Concetta Frisina, sorella di Francesco, e lo stesso pentito asserisce che Rossella era stata condotta con uno stratagemma in campagna, uccisa, fatta a pezzi e gettata in mare. Doveva pagare e sparire.

Eppure per Rossella non è ancora finita: la verità emersa in quel processo, dopo un lungo dibattimento e cambi di sede, non avrà colpevoli condannati. Il processo si concluderà con l’assoluzione degli indagati, perché, come dirà lo stesso pm “nel processo di Azzeccagarbugli non si può avere fiducia, è fatto apposta per non fare giustizia”. Le prove non erano sufficienti.  Rossella muore per la seconda volta.

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Adesso finalmente Rossella ha un volto, quello che vedete in questa foto e conosciamo  la sua storia. È proprio con lei che si apre il bel libro di Francesca Chirico IO PARLO Donne ribelli in terra di ‘ndrangheta (Castelvecchi Editore) in cui l’autrice racconta la storia delle donne che hanno parlato (fidanzate, madri, sorelle, mogli) e sono diventate testimoni di giustizia con vari esiti, non sempre felici, come nel caso di Rossella.

I suoi assassini sono rimasti impuniti, almeno per quell’accusa.

Quindi,  adesso riguardate la foto: e ricordate.

Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia” (G. Falcone)

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