Per Franco, ora come due anni fa

Grazie ai miei ex colleghi per avermi dato l’opportunità di ricordare un collega che ha un posto speciale nel cuore e nella mente.

Francesco Paone,  per chi come me crede che la fine della vita terrena sia un passaggio e nessuno va via davvero fino  che vive nei ricordi, nella mente e nei pensieri di chi resta, oggi è qui con noi.

Ringrazio i colleghi e la Dirigente del Polo Tecnologico per avermi dato quello che io con sincerità (e chi mi conosce sa che non sono capace di fingere, né amo compiacere) considero un privilegio.

Questa non è una commemorazione di Franco, cioè una ricorrenza o una cerimonia: oggi Franco prende ufficialmente posto in quella che è stata la sua seconda casa e qui rimarrà non come un nome su una targa, ma come colui che insieme ad altri colleghi ha scritto la storia di questa scuola, vivendone e influenzandone le scelte e la crescita, sempre dalla parte degli studenti.

Io non posso definirmi in senso stretto un’amica di Franco, l’ho conosciuto e frequentato come collega per qualche anno, ma lui era una di quelle persone speciali che aveva il dono di mettere chiunque a proprio agio, esattamente come con un vecchio amico gli davi subito fiducia. Era una presenza rassicurante, a dimostrazione del fatto che spesso non occorre essere conoscenti di lunga data e sapere tutto l’uno dell’altro per entrare in sintonia. Basta essere sinceri, aperti, leali, sensibili, in poche parole: una bella persona. E sappiamo che Franco era tutte queste cose e diciamolo pure, cose difficili da trovare tutte insieme in un essere umano. Si può possedere una di queste doti, più raro è possederle tutte.

Quando se n’è andato nessuno voleva e poteva crederci, per giorni il pensiero andava là: a quella fila di sedili all’ingresso della scuola dove stava ogni mattina prima che suonasse la campanella, sorridente, scherzoso, con la battuta sempre pronta.

Non avete idea che dono siano le persone come lui, quelle che all’inizio della giornata ti mettono di buon umore, ti danno una spinta, ti strappano una risata. Viviamo in un modo che corre e scorre e anche la scuola, ahimè, è un ambiente sempre più schizofrenico e competitivo, più che sorrisi vediamo grugni. Invece le persone come Franco stoppano la palla e la fermano e le tensioni (come succedeva a volte in consigli di classe un po’ accesi) si stemperano.

Lui con il suo sorriso (era una delle poche persone che conosco che sorrideva anche con gli occhi) era lì a dirci la sua canonica frase: “e che problema c’è”?

Con il tempo sono le persone come lui che mancano alla scuola, quella saggezza e quella leggerezza e lui manca eccome, persone che sanno distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, fattore decisivo per chi oltre a insegnante si assume la responsabilità di essere anche educatore.

I ragazzi sanno sempre (molto più di quanto non siamo propensi a credere) di chi fidarsi: scelgono. E che Franco fosse tra questi lo hanno dimostrato le parole di decine e decine di studenti nei loro ringraziamenti, nelle testimonianze, nella commozione e nel dolore che tutti abbiamo avuto di leggere: eravamo in dad e in lockdown. Lo abbiamo vissuto a distanza ma nettamente, in quei giorni terribili.

Ho in testa lo smarrimento di noi tutti al rientro in presenza a scuola con il pensiero a quella sedia vuota che nessuno voleva accettare tale rimanesse perché non era pensabile che così andasse, non era neanche nelle più remote possibilità.

Ho in testa lo sguardo  e il silenzio del Prof. Renda, Ciccio per tutti, uno al quale la parola non manca di certo, che chiacchiera sempre: ma non in quei giorni, il suo sguardo perso e muto insieme agli altri. La comunità scolastica in quel momento faticava a trovare le parole.

In conclusione di questi appunti scritti di getto e a mano riporto una frase di Honoré de Balzac: “il ricordo è una memoria che ha goduto”. Qui sta il senso di ciò che vorrei dire: si può vivere senza lasciare traccia o memoria di sé e si può vivere lasciando negli altri quella piccola felicità di pensare “io l’ho conosciuto”, con una punta d’orgoglio, con la consapevolezza che le persone belle come Franco non se ne vanno mai veramente.

Ci sono esseri umani che hanno il dono di essere “intimamente” il mondo intero: un minuto, un’ora, un giorno o un anno trascorso con loro non fa differenza, vale un tempo infinto, denso e prezioso. Quello è il tempo che non potremo mai misurare perché batte dentro di noi. Lì anche l’assenza si trasforma in presenza.

Una frase un po’ scontata  ma efficace dice proprio questo: “io non so dove vanno le persone quando scompaiono, ma sono dove restano”.

Qui dove siamo e finché ci saremo.

Grazie Franco.

19 gennaio 2022

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