Finisco di leggere il libro su una panchina, in un luogo quieto del mondo dove non ci sono rumori molesti. Qui sembra diverso anche il tempo che c’è là fuori. Ho abbastanza calma per chiudere il libro e pensare. Strano perché di solito quando finisco di leggere un libro mi dispiace: è come giungere al capolinea e dover scendere proprio quando ti stai divertendo, o salutare un amico che non rivedrai più. Avverti sempre un senso di perdita malinconica. Invece non provo niente di tutto questo.
Eppure è bello questo romanzo, a partire dal titolo. Ed è strano, non concede nulla alle emozioni. E’ ben scritto (cosa non così scontata) e affatto semplice. C’è la storia, ma non la trama, c’è la Storia ma non è raccontata, c’è una destinazione, ma non c’è un finale. C’è un giovane scrittore di talento che mi è sembrato coraggioso, a partire dall’uso sapiente delle parole. La lingua è lingua, e qui è corretta, complessa, giusta.
Uno che non ricerca effetti speciali, non ti fa piangere, non ti fa ridere, non ti esalta nè ti annoia. C’è ordine in questo romanzo, un ordine che ti induce di tanto in tanto a fermarti e a pensare, che è quello che i libri dovrebbero fare a dispetto delle vendite.
E’ un libro tributo a un personaggio storico, ma anche sulla giovinezza. “Le idee, almeno le idee, ci sopravvivono?”
“…. si può chiedere al tempo di rallentare?….. vorrebbe cingerle la vita con un braccio, ma si limita a tenerle una mano sulla spalla…. lui pensa E’ una magia. Questo lo pensa anche lei. Lui sente un trasporto quasi violento, eroico, totale verso di lei, verso di loro proiettati in un futuro lieve come queste mongolfiere. Si chiede se lo senta anche lei. Questo è comunque un segno, pensa lui. E poi pensa Non voglio invecchiare mai.”
Mandami tanta vita (Paolo Di Paolo)
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