Partitura a parole

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Le parole sono come le note: da sole non hanno alcun senso, ne dobbiamo possedere un certo numero per scrivere una partitura.

Noi dipendiamo dall’aria che respiriamo e dalle parole che pronunciamo, fin dalle prime che emettiamo ancora neonati, piccoli suoni che rotolano tra le labbra. La nostra esistenza dipende dall’ossigeno dell’aria e la nostra vita dipende dalle parole che impariamo. Nel primo caso è una necessità, nel secondo caso un’emergenza che ci fa uscire dal caos e definisce il nostro senso.

Penso stasera a quel piccolo angelo: se avesse avuto le parole giuste per farsi ascoltare, se la follia di chi l’ha ucciso le avesse avute per farsi curare. Se un padre assente le avesse avute per non nascondersi come su tutto dovesse essere fatale.

E ancora.

Pensate se solo si potesse inventare una sorta di microchip che cancelli dalla mente degli uomini la parola “odio”. E poi in un cammino a ritroso la parola “armi”, e ancora indietro le parole “lobby”, “mercato”, “profitto”. Proprio cancellate dal patrimonio lessicale con un tasto nella testa di chi le produce. Bel sogno, avremmo debellato la guerra, almeno come la conosciamo oggi.

E ancora.

Se l’uomo che picchia la “sua” donna avesse le parole, non userebbe le mani. E se quella donna che le prende conoscesse le proprie saprebbe difendersi, o quanto meno chiedere aiuto finché è in tempo.

E ancora.

A volte guardo certi visi smarriti di ragazzini che arrivano sui banchi in una prima, ogni anno ce ne sono diversi. Li riconosci al volo: non alzano continuamente la mano, non ciarlano, non sbeffeggiano, non imprecano. Aleggiano con gli occhi in un loro mondo liquido. Tu sai che nella migliore delle ipotesi hanno già la strada segnata e sai anche che quello che devi fare in fondo è semplice: devi restituirgli le parole, solo quelle. Loro parlano solo se interpellati, per lo più balbettano, dietro quei suoni disarticolati quasi certamente c’è una sciagura, perché questa “è” la scuola dei sciagurati, quelli a cui è stato detto che non sono fatti per i libri ma per il lavoro.

In ogni caso, sia come sia, le parole servono, comunque. Serviranno a quel ragazzino per imparare a difendersi, per orientare la rabbia, per strapparsi da dosso il marchio maleodorante dell’inadeguatezza, per esprimere i sentimenti, per imparare ad amare.

Le parole sono ciò che ci fa conoscere la bellezza, le parole per dirlo. Tutto, niente, qualsiasi cosa.

E ancora

Le parole, quando mancano, definiscono le storie finite, quando è il vuoto che ti assale e quelle non ci sono più. Se ne sono andate, forse saggiamente.

Se capita di attraversare un tunnel buio a piedi scalzi siamo portati a concentrarci sui nostri passi, che il nostro piede si posi per provare meno dolore possibile. Siamo così concentrati in quella operazione che non cerchiamo “altro” o “altri”. Non parliamo e quasi sempre quel tunnel sarà più lungo quanto più lungo durerà quel silenzio.

Sono le parole che ci svelano, dentro agli sguardi che raccontano, e ancora, sono le parole che ci liberano, un concerto di suoni possibile solo se abbiamo imparato a suonare quello strumento, quello che abbiamo scelto, che ci piace, ci dà consapevolezza della nostra espressione.

E ancora

È nella parola detta che incontriamo la parola dell’altro, in una cosa che si chiama, semplicemente: dialogo.

Una risposta a "Partitura a parole"

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  1. Le parole sono vestiti, vecchi e nuovi, sdruciti: odorano di bucato steso al sole. Le parole che piovono dal cielo, a perdifiato col vento. Le parole sono vasi di fiori, arterie senza sangue. Le parole sono le rose e le spine in un vaso di natura morta. Le parole sono il cuore che pompa e batte e muove i fili di una marionetta. Le parole sono la bocca che si apre, le labbra che si colorano o sbiancano, le corde vocali che vibrano e il respiro che spinge ciò che chiamiamo pensieri quando riusciamo a infondere anima, spirito e materia. Le parole sono carsiche, fuoriescono a fatica o erompono piene di felicità come acqua di sorgente. Le bugie sono parole ghiacciate nell’addio a forma di scudo. Le parole sono come le mani. Che stupore quando hanno gli occhi.

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