Da bambina quando mio padre tirava fuori le assi di legno dal ripostiglio, quello era il segnale. Significava: è giunta l’ora di fare il presepe. Et voilà, iniziava il divertimento. L’architettura del presepe variava a seconda della stanza dove si decideva di posizionarlo e dallo spazio che quindi poteva prendere. Era sempre grande, con strade, case, luci e ruscelli. Ed era sempre bellissimo, vuoi perché mia madre andava sempre a Catanzaro a comprare pastori, case, pecore e galline, oppure palline di vetro soffiato per l’albero molto particolari (c’erano Yoghi e Bubu, la Lavanderina e Calimero, la navicella spaziale e Armstrong astronauta, un numero imprecisato di variopinte cicogne a clip, i moschettieri e via discorrendo). L’albero era sempre incorporato al presepe. La seconda fase erano le scintille che io e mio fratello accendevamo davanti al presepe, la terza gli zampognari per le strade e nelle case. Ed era Natale.
Io sono felice di aver vissuto in una casa così, con l’odore di torrone e bucce di mandarino. I miei erano cattolici, ma in tutte le case, anche in quelle di atei o non praticanti il presepe e l’albero per lo più c’erano. E nessuno se ne faceva un problema.
Ora invece sembra che la realtà debba sempre riflettersi in uno specchio deformante per cui diventa o si fa diventare qualcosa che non è, tipo quando una è magrissima e lì si vede grassa o viceversa.
Leggo che un preside si è dimesso per le polemiche che hanno fatto infuriare i genitori (e conseguente eco avuto sulla stampa) perché aveva deciso non ci sarebbero stati canti di natale a scuola per non urtare ragazzi di altre fedi religiose.
A parte che non si dimette un preside neanche se taglia la testa di un insegnante (ovvero esistono cose ben più gravi nelle scuole, soprusi compresi) ma questo – perdonatemi – cretino, non aveva niente di meglio per mettersi in mostra?
Ovviamente come non farsi mancare poi le polemiche politiche, in particolare quelle che non perdono occasione di strumentalizzare, come si dice, ogni cacatina di mosca?
Io il racconto del natale più bello l’ho ascoltato da due bambini molto piccoli, in Svizzera, durante una passeggiata in montagna. Quei bambini così piccoli conoscevano tutto della vita di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte, parlavano della grotta in cui era nato, cosa aveva predicato e perché, avendo riscattato i poveri, fu crocefisso, compreso i “mandanti” di quella condanna. Mentre camminavano mi raccontarono un sacco di cose anche sulla Madonna e San Giuseppe, tra storia vera e storia religiosa.
Ebbene, quei bambini erano figli di genitori atei e sfido chiunque a trovarne di così consapevoli che siano figli di genitori cattolici.
Il presepe, ad esempio, non è solo una tradizione cattolica, è un’arte. Ci sono in giro per l’Italia artigiani che per Natale nelle chiese, nelle scuole, nelle grotte naturali, nei vicoli dei paesi costruiscono vere e proprie opere d’arte. Che vogliamo fa’? Fermi tutti che è politicamente scorretto??
Ma ci faccia il piacere, diceva Totò…..
Io da adulta ripenso con serena nostalgia e gratitudine ai natali nella mia famiglia, eppure sono cresciuta lo stesso profondamente laica, nel pieno rispetto delle persone. Mia madre era una che aveva fatto la quinta elementare ma chiunque tu portassi a casa era benvenuto, l’accoglienza stava nella sua sensibilità e quindi nella sua cultura. Negli ultimi anni della sua vita era “cliente” di tutti i magrebini che vendevano per strada e spesso ne conosceva le storie.
E quei bambini di cui ho raccontato poc’anzi, sono figli di mio fratello, ateo, la cui madre è bravissima a raccontare loro le storie e la Storia.
È la conoscenza l’unico rimedio che abbiamo contro il pericolo dell’ignoranza, che produce danni ben più gravi delle dimissioni di un preside e dei mancati canti di natale dei bambini che peraltro, si sa, imparano soprattutto per emulazione.
Rispondi