Ho alle spalle una vita randagia, fatta di spostamenti, traslochi, cambiamenti. Nel corso di questi salti, un’esistenza come il gioco “si loca” che facevamo sulla strada, per chi lo ricorda, ho perso molte cose, molte le ho gettate via di proposito, altre mi seguono. Questo che riporto l’ho ritrovato qualche giorni fa per l’ennesima volta, ripiegato in un quaderno.
La brutta copia di un tema, a ricordarmi che se i pastorelli a Fatima ebbero la Madonna in visione (detto senza intento di dissacrazione) io ho avuto il Living Theatre a segnare una pietra miliare sulla mia strada, un incontro che mi ha cambiato la vita che ricordo come fosse adesso, in un teatro sconvolto che non si aspettava quella piéce, uno spettacolo nello spettacolo.
Impressionante come a distanza di più di quarant’anni siamo di nuovo là, anzi siamo sempre là.
Adesso con le griglie di correzione questo sarebbe forse “fuori argomento”, ma sorrido a quella ragazzina forte e idealista che sono stata e, forse in parte, rimasta. Per questo ho deciso che era giunta l’ora di archiviarlo qui. Anche se non ricordo che voto ho preso.
Tema
I lager, le torture della Cambogia, l’esodo dei vietnamiti ed altri simili episodi, testimoniano che il nazismo non fu solo un movimento particolare di un’epoca storica, ma un atteggiamento ricorrente con una frequenza maggiore di quanto non si creda e verso il quale gli uomini dovrebbero mostrare più viva e decisa opposizione
Svolgimento
Il sipario si apre, l’azione sul palcoscenico è lenta, esasperante. Gli attori hanno facce bianche, di pietra. Hanno sguardi potenti, fissano i burattini che in platea si muovono a disagio, inquieti, al limite dell’imbarazzo, forse perfino spinti della voglia di andarsene. Poi il suono di una sirena coglia tutti impreparati, si alza la tensione. I volti sono fermi, continuano a fissare quelli del pubblico in preda alle reazioni più disparate.
Improvvisamente appare lui: il suo volto è orrendo, la sua maschera terrificante: incute timore e ribrezzo ma nel contempo fascino. Tra le rughe del suo viso bianco, plastificato, scorrono rigagnoli di sangue vivo, lucido. Dentro si leggono chiare le immagini di fucili che sparano, di schiene che si piegano. Disperazione e morte.
E proprio quando la morte domina la scena appare lei: piccola, minuta, fragile nel corpo, ma nello sguardo ha una luce intensa, viva. La sua voce si impone sulla scena e distoglie l’attenzione dai disagi.
Lei è Antigone, come nel 400 a.c. viva ancora oggi a replicare una tragedia insieme al padre, Creonte, che eternamente si ripete. Un bisogno di rivolta anima suoi i gesti, per dimostrare che contro il tiranno e la ragion di stato si può e si deve combattere.
Quanti morti, quanta distruzione hanno causato queste tragedie, non c’è evoluzione dei costumi, progresso tecnologico che possa frenare l’impulso distruttivo che è parte universale dell’individuo. Senza dubbio oltre a questo ci sono motivi politici, economici, ideologici che sfociano nelle dittature più crudeli, assurde, perché assurda e inconcepibile è la volontà di supremazia di un uomo sulla massa, assurda è l’oppressione e la repressione dei diritti naturali dell’uomo. Fascismo e nazismo sono esempi chiave quando si parla di dittature, ma oggi assistiamo al Vietnam, al Cile, all’imperialismo russo e quello egemone americano che fanno scorrere sangue in tutto il mondo. Senza dimenticare episodi misconosciuti come lo sterminio dei pellerossa e dei neri d’America.
Ciò che colpisce in maniera sconvolgente è il cinismo con il quale si portano avanti azioni di guerra ancora oggi: non solo gli scrontri frontali e le nuove armi, ma le torture come pratica diffusa, perfino la diffusione di droghe pesanti che incidono su popolazioni inermi.
La sete di potere, il bisono di dominio, tutto maschile, è una componente irrazionale che ha cause profonde “da ricercare in quel capitolo della storia occupata da una menzogna e censurato: il capitolo dell’inconscio” (Lacan).
Il problema si mostra di nuovo in dimensioni mondiali, sempre più drammatico, proprio in un periodo di crisi, tutti serrano i denti in nome dei propri schifosi interessi. L’impotenza nella quale ci veniamo a trovare è causa del nostro perderci in un mondo che non sentiamo nostro e per il quale non crediamo valga la pena di lottare e reagire. Ogni discorso su questa apatia, dovuta al tenore di vita che conduciamo in questa società consumistica, è scontato e retorico: siamo vittime di un sistema che si è impadronito del nostro pensiero, dei nostro corpi, niente è più espressione pura e sincera, ma tutto fa parte di un gioco nel quale noi siamo le pedine che si muovono su una scacchiera perfettamente squadrata per noi.
In questo contesto è fuori luogo il discorso di coloro che definiscono alienati quelli che rifiutano il sistema, una vita programmata, un percorso obbligato, che scelgono ad esempio la droga non come rifugio, ma come modo di essere e comunicare, spesso non importa neanche più se è la morte che con essa si avvicina, perché in mancanza di ideali, valori e un mondo che si sta disfacendo, dove regna la psicosi della bomba nucleare “qualche ora o qualche anche d’attesa è assolutamente la stessa cosa, una volta che si è perduta l’illusione di essere eterni” (J.P. Sartre)
Tuttavia per quanto difficile possa essere, è vitale riuscire a trovare in noi il coraggio per uscire da questo malessere che ci lega mani e piedi, non ci si deve lasciar andare, non si può essere passivi: un passo falso e siamo al baratro.
Forse sarò stupida a pensare che nonostante tutto valga ancora la pena di parlare d’amore, perché da esso scaturiscono vita e dalla mancanza di esso oppressione. Finché si vive è necessario crederci, credere nella rivoluzione, nel cambiamento.
Creonte è vivo da secoli e sempre lo sarà, ma lo sarà anche Antigone, la voglia di alzarsi e dire no, l’amore al posto del raziocinio senza senso.
L’amore come forza totale che sconvolge e smuove i meccanismi più profondi. Niente può fermare Antigone, questa forza cosmologica che ci trae nel flusso delle cose, nel gioco di atomi che si attraggono e si respingono, la rivoluzione possibile di un cambiamento.

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