IL ROMANZO LUMINOSO

mario

Il titolo è promettente: ti immagini chissà cosa ci troverai nel romanzo luminoso; poi è quadrato, una forma insolita per un libro di 700 pagine e anche questo è un punto a favore, risulta simpatico perfino alla libraia che me lo vende. L’autore è sudamericano, non lo conosco ma la cosa mi piace a prescindere. Luminosità e Sudamerica sono una gran bella accoppiata. Infine l’amico che me l’ha consigliato non sbaglia un colpo, è una sicurezza.

Così inizio questa lettura al colmo delle aspettative. Scopro che è un diario, allora penso sia una sorta di preambolo prima del romanzo luminoso, invece va avanti e non accenna a smettere. A un certo punto è lo stesso autore che avverte: il romanzo luminoso lo deve scrivere perché gli è stato pagato, una bella somma, ma di fatto lui è senza ispirazione, quindi fissa nel dettaglio tutte le sue giornate alla ricerca di quel punto di rottura che lo dirotterà verso il romanzo luminoso.

In effetti l’indice dice che il romanzo luminoso c’è. Inizia a pag. 549. Così per più di 500 pagine l’autore, che è un paranoico matto abitudinario ipocondriaco che ha il sonno sballato per cui dorme di giorno, vi fa il resoconto dettagliato della sua “inutile” esistenza nel suo appartamento (a eccezione di qualche rara passeggiata con donne che lo accompagnano di cui non conosciamo mai l’identità). Ama spasmodicamente i gialli e ne legge in quantità industriale, ama una donna con un nome strano, Chl, che gli riempie il frigo di cotolette; ama il suo computer e trascorre gran parte del tempo ad aggiornare e creare programmi, ama la pornografia e scarica video, ha mal di schiena e un’istruttrice di yoga, ha mille malanni e un medico che è la sua ex moglie, sa esattamente quali alimenti scartare e quale sostanze negli alimenti evitare per le conseguenze dannose sul suo organismo. Insomma di fatto ha mille distrazioni che gli impediscono di concentrarsi sulla scrittura del romanzo luminoso.

Quindi, romanzo noioso? No, affatto. È geniale. La scrittura è come uno scalpello che definisce ogni più insignificante particolare con una meticolosità maniacale, non vi permette mai di distrarvi, siete stupiti, attoniti, mentre anche voi con l’autore finite per aspettare il romanzo luminoso. Perché cavolo, vi dite, alla fine lo so che c’è.

E quando alla fine arriva, non è quello che ci si aspetta, la scrittura – dopo avervi fatto fare diecimila kilometri a piedi a passo di lumaca – comincia ad andare veloce, a cavalcare, non si ferma, divaga, non c’è un tema, una storia, un racconto, uno sviluppo, personaggi. Ci sono tanti temi, tante storie, tanti racconti, tanti sviluppi, tanti personaggi.

Il romanzo luminoso, mi sono detta alla fine, è un grande romanzo sulla scrittura. Le continue deviazioni dell’autore, lo portano continuamene fuori pista, in un processo costante di osservazione delle minuziosità che accadono in una giornata qualunque (avete mai provato a osservare le formiche o i piccioni? Bene, lui lo fa, c’è un mondo là dentro). Poi le scrive, tutte, alla ricerca di quella verità che non esiste in quanto luminosa o intatta ma è sprecisa, inesatta, confusa.

Esilarante e divertente, è la storia di una vita normale che nella sua quotidianità è invece piena di imprevisti, di avventure, di serenità e malinconia, di solitudine e compagnia, di intoppi continui alla trama dell’esistenza che avremmo previsto.

Grande,  grandissimo romanzo.

Incipit

Qui incomincio questo “Diario della Borsa”. Sono mesi che tento di fare qualcosa del genere, ma ne sono sistematicamente scappato. L’obiettivo è di mettere in moto la scrittura, non importa con quale pretesto, e mantenere la continuità fino a crearmi un’abitudine. Devo associare il computer con la scrittura. Il programma più usato dovrebbe essere Word. Questo per me significa disarticolare una serie di consuetudini cibernetiche nelle quali vivo immerso da cinque anni, solo che adesso non devo pensare a disarticolare niente quanto piuttosto ad articolare questa cosa. Tutti i giorni, tutti, anche una sola riga per dire oggi non ho voglia di scrivere, o non ho tempo, o per accampare qualche scusa. Però tutti i giorni.

È quasi sicuro che non lo farò. Me lo dice l’esperienza. Eppure spero ancora che stavolta sarà diverso, perché di mezzo c’è la borsa. Ho già ricevuto la prima metà del totale, e quindi ho la possibilità di mantenermi fino alla fine dell’anno in ragionevole ozio.”

Mario Levrero, Il Romanzo luminoso Ed. Calabuig

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