21 settembre

bambola-chuckyCi sono in giro diversi scrittori che raccontano la scuola. Un libro che sto leggendo è Un’altra scuola, di Giovanni Accardo. Il diario di un anno scolastico che ha il grande pregio di mostrare la vita scolastica com’è veramente, in particolare per un insegnante che svolge con passione la sua professione. Andrebbe letto, per conoscere meglio cosa accade tra le aule scolastiche, visto che spesso si parla di scuola, ma nessuno ha cognizione di quanto la vita scolastica si sia, spesso inutilmente, complicata.
Poi ci sono i libri “furbi”, e questi sono quelli degli scrittori più famosi, quelli che si sentono autorizzati dalla propria fama a “vendere” profili di insegnanti e di allievi simili a macchiette, offrendo il proprio punto di vista, ma nessuna oggettività. In sostanza, libri inutili.
Io non ho concepito questa sorta di diario (non so nemmeno se scriverò con costanza) finalizzato a qualcosa, semplicemente perché per me questo è un anno molto particolare, visto che torno in Calabria dopo trenta anni e quest’anno ho fatto il tragitto al contrario.
Quando parlo degli studenti della scuola in cui insegno adesso, non mi riferisco a loro in quanto “calabresi”, perché in realtà non sono molto diversi da quelli che ho conosciuto finora. La povertà culturale è piuttosto diffusa. Certo, influenzata e più o meno accentuata dagli stimoli che si hanno intorno. Quindi, non c’è ombra di pregiudizio né alcuna volontà di confronto.
Fatta questa doverosa premessa, oggi sono affranta, provata anzi. Sì, provata è il termine giusto.
Ho lezione in quarta, prima di entrare la custode (bidella, personale ATA, come bisogna chiamarla? ero abituata a usare i nomi, qui ancora non li ho imparati) mi insegue per farmi firmare una circolare. La dirigente informa che i docenti devono prendere visione sul sito della scuola dell’atto di indirizzo, in previsione dell’approvazione del POF triennale nel prossimo collegio. Va bene, firmo, lo leggerò. Forse.
Oggi lezione di storia, la maggior parte dei ragazzi ancora non ha il libro, così per tener viva l’attenzione darò degli appunti cercando di sviluppare un ragionamento sull’Illuminismo. Appena introduco il tema della lezione Saverio dall’ultima fila, a malapena lo vedo, subito dice: “Ma perché dobbiamo studiare queste cose? Ci interessa la storia recente non quella passata.
Io cerco di spiegare che un amico è fidato nella misura in cui ci conosce veramente e per conoscerci deve anche sapere tutto del nostro passato, altrimenti è una conoscenza superficiale. Ad ogni modo chiedo (ma già conosco la risposta) quale sarebbe la storia recente che interessa (sono convinta che all’inizio i ragazzi vadano ascoltati e motivati).
“La seconda guerra mondiale”
“Hitler” fa eco qualcun altro
“Mussolini” rincara la dose Lorenzo.
D’accordo, rispondo, infatti sarà il programma del prossimo anno. Ma senza questo si fa male.
“Tanto io so tutto quello che c’è da sapere”. Dice una voce piccola. Appartiene a Michele, un ragazzo mingherlino con il pizzetto, che di solito non parla molto. Io prendo la palla al balzo.
“Di cosa sai già tutto?”
“Della seconda guerra mondiale”
“Va bene,  allora vieni qui per favore.”
Michele fa un po’ di storie, ma poi arriva alla cattedra e si siede accanto a me.
“Spiega ai tuoi compagni dunque.”
A questo punto provo a ricostruire il dialogo che ne è seguito tra me e Michele, perché sono stati cinque minuti in cui ho perso la bussola e ho navigato in acque tempestose.
Michele: “ La guerra l’ha fatta prima Hitler, perché voleva ammazzare tutti gli ebrei, ma gli altri stati non volevano così hanno fatto la guerra a Hitler”
Io: “Altri stati quali?”
Michele: “Tutti, anche l’Italia. Ma secondo me Hitler faceva bene.”
Ecco perché.  Penso. Ma avevo capito l’interesse per questo periodo storico.
Io: “Ti risulta che Hitler e Mussolini fossero alleati?”
Michele: “ Va beh, è uguale”
Io : “Non proprio. E perché faceva bene?”
Michele: (incerto) “Ma perché prendeva tutti i marocchini e li portava nei campi di concentramento, faceva bene!”
Io: (mi impongo calma ma vorrei prenderlo per il collo) “Ma tu sai chi sono gli ebrei?”
Michele: “I marocchini, tutti quelli dell’Africa. Ci vorrebbe anche adesso”.
Io: “Gli ebrei vengono dall’Africa? Ma hai idea della cazzata madornale che hai detto? – mi rivolgo alla classe – c’è qualcuno che ha idea di cosa sta dicendo Michele.
Lorenzo: “Va bene professorè, forse sta sbagliando ma ha detto la verità!”
Io: “Ecco perché dovreste studiare la storia, perché voi pensate di avere una  catena e ci mettete anelli a caso, ma con questa catena vi ci impiccate. La storia è fatta di cause e conseguenze, se manca un anello il risultato è questo. Ma qualcuno ricorda quello che avete studiato in prima sugli ebrei? Cosa hanno fatto, da dove vengono…..
Silenzio…. Ovvio, nessuno ricorda mai niente. E’ sempre così. Noi ci illudiamo di costruire ma in realtà costruiamo castelli di sabbia. Ricorderanno al massimo il punteggio su Clash of clans che hanno fatto oggi sfidandosi sul telefonino.
Cerco di spiegarglielo in due parole. Poi mi rivolgo a Michele. Sono visibilmente alterata.
Io: “Non ce l’ho con te, ma con la vostra presunzione, credete di conoscere e non conoscete niente. pretendete di avere opinioni, ma la storia non è fatta di opinioni, se mai serve a farsele le opinioni. Ma per farsele bisogna prima fare lo sforzo di capire. Voi pretendete di arrivare in fondo senza sforzo e in realtà scambiate i pregiudizi per opinioni. Ma i pregiudizi sono l’anticamera del disastro, i compagni di banco dell’ignoranza.”
Qualcuno cerca di sdrammatizzare.
“O professorè, ma voi appresso a Michele andate.” Dice il buontempone di turno.
“Mi sembrava che ad assentire foste in diversi. Michele ha avuto il merito di dire quello che aveva in testa per lo meno.”
Chiuso l’incidente. Voglio far lezione sull’Illuminismo.
“Qui si fa quello che dico io.”
Michele torna al suo posto, riprendo il filo della lezione dove l’ho lasciato prima di questa penosa parentesi.

Torno a casa stanca dopo cinque ore. Soprattutto all’inizio è faticoso, in mezzo a ragazzi che ancora hanno le magliette leggere e la testa alle vacanze appena finite. Devi parlare parlare parlare.
Dopo pranzo mi ricordo – eureka me ne ricordo, si vede che il mio inconscio è all’erta, di solito queste cose le rimuovo – la circolare della dirigente.
Prima che mi passi di mente vado su internet e la cerco. È lunga, do un’occhiata. Capisco. Stanno per prendermi le convulsioni. Credo che una circolare simile stia cercando in tutte le scuole del regno, si vede che è frutto di copia e incolla.
Ricopio testualmente un pezzo:

Il coinvolgimento e la fattiva collaborazione delle risorse umane di cui dispone l’istituto, l’identificazione e l’attaccamento all’istituzione, la motivazione, il clima relazionale ed il benessere organizzativo, la consapevolezza delle scelte operate e delle motivazioni di fondo, la partecipazione attiva e costante, la trasparenza, l’assunzione di un modello operativo vocato al miglioramento continuo di tutti i processi di cui si compone l’attività della scuola non possono darsi solo per effetto delle azioni poste in essere dalla dirigenza, ma chiamano in causa tutti e ciascuno, quali espressione della vera professionalità che va oltre l’esecuzione di compiti ordinari, ancorché fondamentali, e sa fare la differenza; essi sono elementi indispensabili all’implementazione di un Piano che superi la dimensione del mero adempimento burocratico e ne faccia reale strumento di lavoro, in grado di canalizzare l’uso e la valorizzazione delle risorse umane e strutturali, di dare un senso ed una direzione chiara all’attività dei singoli e dell’istituzione nel suo complesso.
Migliorare l’azione amministrativa e didattica nell’ottica dello sviluppo delle nuove tecnologie e della de materializzazione.  Migliorare la comunicazione fra tutti gli attori. Procedere alle azioni di dematerializzazione attraverso interventi sul sito. Migliorare i rapporti scuola famiglia. Semplificare le modalità di accesso da parte degli studenti alle attività extracurriculari. Stabilire criteri di accesso alle iniziative sempre più trasparenti e oggettivi. Monitorare e analizzare i dati relativi ad ogni iniziativa. Assumere iniziative volte al pieno successo scolastico agendo contro reiezione e dispersione scolastica attivando azioni efficaci di accoglienza degli alunni.

Continua così per sei pagine che non riesco a leggere, oggi proprio no, e conclude con:
Il presente atto costituisce, per norma atto tipico della gestione dell’istituzione scolastica in regime di autonomia ed è acquisito agli atti della scuola; pubblicato sul sito web della scuola; reso noto ai competenti organi collegiali.

Ci sarà il notaio al collegio?

Mi prende una rabbia e una tristezza infinita e penso a quella parola, che nel contesto in cui si trova non ho capito cosa significhi “dematerializzazione”.

Per me adesso significa una cosa sola: scomparsa della materia.

Cerebrale.

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