Maid ed Eudoscopio, ovvero dove stiamo andando


Maid è una mini serie televisiva in onda su Netflix tratta dalla storia vera di Stephanie Land che dalla sua esperienza qualche anno fa  scrisse un libro ““Lavoro duro, Paga Bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre” diventato un best seller.

Avevo letto alcuni post molto positivi sulla serie, ma devo ammettere, fuorvianti, perché Maid, al contrario di quello che avevo letto nei post, non è una serie a tema violenza sulle donne: è molto, molto di più.

Raccontata, girata e interpretata benissimo (su tutte una Andie MacDowell in stato di grazia con le sue rughe e i lunghi capelli grigi) la serie racconta la storia di Alex: una giovane madre che vuole fuggire da una vita di tensione costante con un marito alcolista. Alex sa cosa vuol dire per sé e la sua bambina di soli tre anni, perché ha vissuto sulla propria pelle essere una bambina trascinata via da una madre libera e oppressa dal marito con problemi di alcol. Con il tempo le è anche toccato diventare madre di sua madre, che comunque degli uomini oppressivi non è riuscita mai a liberarsi.

La violenza non si vede: si percepisce, si odora, non c’è sangue che la provi o botte o lividi che la raccontino  (e questo, ad esempio, per i servizi sociali è un limite all’accesso di aiuti governativi), è piuttosto la condizione costante di un destino che sembrerebbe già scritto.

Quella che si vede invece benissimo è l’America dei soldi e dei poveri, di un sistema che espelle chi non ce la fa o non ha possibilità di farcela. Quella del lavoro precario, a giornata, delle rette degli asili da saldare se vuoi lavorare per sottrarti a una storia di violenza domestica e a una vita squallida. Il duro prezzo da pagare per essere libera e liberare tua figlia è pulire cessi a due lire, umiliata fino allo sfinimento.

Alex non è ingenua, non è sfortunata (della serie capitano tutte a lei) è che se non hai niente, sei più soggetta alla Legge di Murphy: se può andar male, lo farà. Non è matematico, è statisticamente più probabile (e questa sì che è una statistica da considerare, non quella di cui parleremo tra poco).

Alex per due anni si trascina dietro l’aspirapolvere in case lussuose e fredde, abitate da benestanti infelici, porta a casa otto dollari e cinquanta l’ora (lordi), per coprire l’affitto da 550 dollari, pagare l’asilo per Mia, pagare da mangiare, le bollette, la benzina, un’auto mezza scassata. Ma è felice di tornare a casa e trovare sua figlia: sogna di costruire per lei un diverso futuro, e comincia a scrivere un diario sulle case che visita e che pulisce.

Insomma non ci sono tanto vittime e carnefici, ma un sistema che produce vittime e carnefici e tutto il calvario che deve subire chi voglia sottrarsi e avere una possibilità di riscatto, compreso chiedere l’elemosina quando ti mancano tre dollari per fare benzina per andare a pulire come un fantasma che passa da villa con vialetto ad abitazioni di accumulatori seriali.

C’è luce e c’è rabbia in questa serie, c’è dolore e mostri da combattere, perché se non hai da vivere con i mostri tocca pure tornarci ad avere a che fare.

Ma cosa ha a che fare Maid con Eudoscopio?

In questa settimana è uscita la “classifica delle scuole d’Italia” che lo slogan sul sito di Eudoscopio spiega così “Scopri quali scuole della tua zona danno una marcia in più per l’università e il mondo del lavoro e scegli quella più giusta per te. Oltre 7.500 scuole messe a confronto a partire dagli esiti universitari e lavorativi di 1.267.000 diplomati”. Cifre che a prima vista impressionano. Ma davvero “raccontano” una scuola e possono indirizzare le scelte?

Ho visto molti post di condivisione che mostravano il “Liceo migliore in Calabria”, il “liceo migliore nella mia città”, siamo oramai tutti alla ricerca di un primato da mostrare, qualcosa di cui andare fieri, perfino quando il senso sfugge. E qui sfugge parecchio.

Eudoscopio è una costola della Fondazione Agnelli che a sua volta è un istituto indipendente di ricerca nelle scienze sociali, senza scopo di lucro.
“È nata nel 1966 a Torino, dove ha la sede, per volontà dell’Avvocato Agnelli, in occasione del centenario della nascita del fondatore della Fiat, il Senatore Giovanni Agnelli. Ha a cuore il miglioramento dell’istruzione pubblica e ne studia le tre dimensioni fondamentali: l’equità, in termini di sostanziale diritto allo studio per tutti, l’efficacia, in termini di qualità degli apprendimenti e delle competenze, e l’efficienza, in termini di migliore impiego possibile delle risorse (fonte e informazioni qui https://eduscopio.it/il-progetto)

Detto così sembra encomiabile: che una Fondazione privata abbia così a cuore la scuola pubblica, sembrerebbe cosa buona; ma attenzione: sono anni che proprio attraverso una politica che ha innescato un forte senso di competizione tra gli istituti scolastici parlando di performance con dati statistici basati su rilevazioni Invalsi e presunti successi o insuccessi universitari degli studenti, che il vero scopo è svuotare di senso la funzione educativa della scuola, la sua capacità di accesso e rinforzare un sistema che oramai è in atto da anni: i poveri al professionale (devono lavorare) la classe media ai tecnici (devono amministrare) la classe agiata ai licei (devono dirigere diventare i professionisti di domani). Non ve n’eravate accorti? Ebbene funziona più o meno così e molto di più che in passato, in barba ai proclami.

Perché nessuno ci offre uno studio che invece di partire dall’esito parta dagli inizi e ci mostri come veramente stanno le cose?

Alex, la protagonista di cui sopra, in quel sistema che espelle i poveri in America e li strozza con la burocrazia caso mai pensino a un riscatto sociale ed economico, vorrebbe andare al College, l’avrebbero anche presa: a lei piace scrivere. Ma caspita, costa! E lei non ha i soldi. Lei deve pulire cessi.

Ecco perché quando condividete un post che esalta la scuola con “un” primato sulla base di presunte “performance” (che potrebbe andar bene per le scuole private, che non cito a caso), fatevi due domande sul disegno che c’è dietro. Molti ragazzi e ragazze con le loro famiglie scelgono sulla base di un futuro già scritto o accessibile “per” loro, anche se i desideri, i talenti, le ambizioni e i sogni sarebbero altri (e chi dovrebbe averli in carico, questi individui con sogni, se  non la Scuola?)

Fatevi un regalo: guardate Maid, che ha un finale molto bello perché è consolante e grandioso che Alex ce la faccia e anche il modo in cui alla fine passa quel limite maledetto. Lei è quell’uno su mille della canzone.

Ma l’amara domanda è: e gli altri 999? Che fine faranno? Noi, sempre di più, ci avviciniamo a quel sistema in cui a decidere per gli individui sono le regole del mercato, i ricchi e i poveri e dipende in quale parte del mondo nasci o in quale famiglia vieni al mondo.

Eudoscopio, Fondazione Agnelli e Confindustria, a braccetto.

La Scuola è, o dovrebbe essere, ben altro.

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