
Oggi oscillazioni umorali dal basso al bassissimo all’alto, andata e ritorno. Ci sono giornate lunghe e faticose costellate dalle solite frustrazioni e straordinari incitamenti.
Durante la lezione in terza ho chiesto ai ragazzi di fare una relazione sulla visita in un’azienda del luogo svolta il giorno prima. Alla fine del lavoro le abbiamo corrette insieme.
Il dato che mi ha colpito e fatto riflettere è il seguente: i toni entusiastici con i quali hanno descritto questa attività, a cominciare dalla disponibilità dei due colleghi che li hanno condotti sul posto con le loro auto, alla disponibilità dimostrata dai titolari e dai dipendenti dell’azienda che hanno mostrato loro macchinari in funzionamento e slides illustrative dei procedimenti, al brodo di giuggiole per il piccolo buffet di dolci, salati e succhi di frutta che hanno offerto loro alla fine della visita, senza tralasciare l’omaggio di una borsa con dentro penne e block-notes che si sono prodigati anche a mostrarmi.
Dalle loro parole e dai loro sguardi ho capito soprattutto che è stata la considerazione che li ha resi attenti, partecipi e contenti di aver fatto questa esperienza.
La considerazione è in effetti spesso la chiave del successo nella relazione tra docente e allievo. I ragazzi sono abilissimi a distinguere i docenti ai quali di loro in fondo importa relativamente da quelli che hanno a cuore il loro personale destino. E’ inutile girarci intorno, questo mestiere senza empatia non si può fare, è inutile bluffare, quella è una qualità che non si inventa o c’è o non c’è. E quando non c’è fa danni tangibili.
Considerazione ed empatia appunto.
Nell’intervallo incontro la collega incaricata di funzione strumentale (non finirò mai di stupirmi per queste qualifiche da macchietta) la quale mi dice che ha avuto l’incontro con la dirigente per l’organizzazione di un incontro tra le quinte e uno scrittore. Un libro importante, un autore prestigioso, un’occasione notevole e soprattutto gratuita.
Problemi: la pratica deve seguire l’iter, va fatto un progetto da presentare all’attenzione del dirigente.
Obiezione: abbiamo tempi brevi.
Risposta: non so che dire, l’iter è lungo e il dubbio è: i docenti leggeranno il libro per guidare gli allievi?
Che faccio, rido? Rido o piango?
Mi sale una rabbia infinita. E improperi a iosa. Sono forse i ragazzi la parte offesa? Sì, in primis, ma anche noi, noi docenti. Costretti e misurarci con cotanti inutili pericolosi frustranti meccanismi di un nuovo potere.
Nessuna capacità di giudizio, pur nella buona volontà e nella gratuità dell’azione, è riconosciuta ad insegnanti che vogliano rendere la scuola un luogo di promozione culturale e di crescita. Considerazione appunto. Vien voglia di mandare tutto a quel paese. E se vi capita di incontrare un insegnante che ha questo atteggiamento, sappiate che ne ha ben donde.
Poi alla quinta ora l’episodio spiacevole: i carabinieri a scuola. Anche a Borgo, in Toscana, i carabinieri a scuola li ho visti varie volte e sempre per lo stesso motivo: droga o furti. In questo caso si trattava di un furto ai danni di uno studente lavoratore di un’altra classe, una cifra considerevole, la sua paga a nero di un mese.
Spiacevole è stato vedere i ragazzi infilarsi in un’aula vuota per essere perquisiti, spiacevole è sentirsi impotenti.
Tutto stride in questo luogo sempre più fottuto.
Esci da scuola delusa.
Così sono certi giorni.
Sembra di combattere contro i mulini a vento.
Un fallimento.
Con rima.
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